mercoledì 11 aprile 2007

Ballata per un uomo buono

Lunedì sera ho visto “Le vite degli altri”, di Florian Henckel von Donnersmarck (regista e sceneggiatore, prima d’ora assolutamente sconosciuto). Non sono un’esperta di cinema, quindi lungi da me farne una recensione. Ma mi ha fatto uscire dal cinema con quella bella sensazione di pienezza che non provavo da un po’ dopo un film, quando senti che qualcuno da qualche parte nel mondo ha rappresentato al posto tuo i tuoi pensieri, e lo ha fatto in maniera magistrale. È questo in fondo ciò che mi piace dell’arte, la capacità di comunicare e interpretare le sensibilità delle persone a livelli alti e sublimi. Non c’è bisogno di troppe parole per spiegare quello che si vuol dire, soffermandosi minuziosamente su singoli questioni, sviscerandole, dibattendole, col rischio di perdersi nelle sottigliezze verbali. C’è una sorta di immediatezza inspiegabile nell’arte. Un bel film, per esempio, arriva subito al cuore del discorso, senza che il pubblico sia necessariamente capace di cogliere tecnicismi o sottigliezze. Basta qualche battuta, un dialogo scarno, un’espressione particolarmente calibrata dell’attore, e il gioco è fatto.

Così è successo ieri. La DDR ai tempi di Honecker è stata rappresentata in maniera molto efficace, almeno per quel che riguardava l’oggetto del film, il controllo spionistico della Stasi; in particolare, delle vite del drammaturgo Georg Dreyman, della sua fidanzata e attrice, del suo circolo culturale sottilmente ostile al regime, ma non al socialismo (di cui nel film non vi è una condanna, ma lo sguardo obiettivo di chi non se ne vuole disfare: la Germania dell’est non è qualcosa da ghettizzare, ma da recuperare come appartenenza della nazione, ma anche della stessa Europa “civilizzata”), ragione per la quale nessuno di loro decide di fuggire oltre il muro. La bellissima figura del suo amico ed ex-regista dei suoi drammi, Jerska, relegato ai margini dello stesso circolo di intellettuali perché colpito dal “divieto di lavoro”, considerato ormai da tutti “una nullità” solo perché incapace di rimanere sordo ai richiami della propria coscienza e di piegarsi al potere disumano, burocratico, razionale e cialtrone dei vertici del partito. Si chiamano tra di loro, i frustrati ciccioni del potere, “compagni”: compagno ministro, compagno capitano, compagno tenente, ma sono in tutto e per tutto uguali ai “signori”, potenti di qualsiasi altro stato al di qua della cortina. È lui, l’emarginato Jerska, che regala al suo amico scrittore lo spartito di una sonata per pianoforte, “Ballata per un uomo buono”. E sarà questa la ricompensa morale per essersi distinti e aver smesso di essere “cattivi”, come gli uomini della Stasi vengono chiamati dalla gente comune, e dai bambini che giocano a pallone in strada. Il finale un po’ forzato era d’altronde inevitabile per poter concludere la storia sottolineando la gratitudine per l’eroicità di gesti altrimenti invisibili. È la solitudine – non solo, ma soprattutto per i tipi “creativo-antropocentrici”- che porta alla disperazione; la solitudine “morale” di chi non riesce più a vedere l’utilità delle proprie posizioni, perché solitarie. Per questo era necessario il finale, nel quale fra l’altro ha luogo uno scambio di battute molto azzeccato fra lo scrittore Dreyman e l’ex compagno ministro alla cultura, che più o meno dice “Le manca la nostra DDR, vero? Era così bella…lì lei sapeva benissimo a cosa opporsi, mentre nella Repubblica Federale non c’è proprio più niente contro cui lottare”. Geniale.
Altra frase mitica: "Le persone non cambiano così facilmente, succede solo nelle commedie".
A metà del film, la Fra ci ha rivelato che anche suo zio che viveva lassù fu controllato dalla Stasi; niente di che, intendiamoci, solo un rapporto sul tipo di persona che era, sulla sua condotta morale e sulla vita che svolgeva; il rapporto glielo hanno fatto pervenire qualche anno fa: una brava persona sembrava, secondo gli agenti. Mi ha provocato una strana sensazione.
Tanto altro mi è piaciuto, ma ora basta. Andatelo a vedere, se potete.

Hasta pronto, blog permettendo

1 commento:

Anonimo ha detto...

un po' troppo conciliato, ma alla fine anche a me è piaciuto