venerdì 14 marzo 2008

giovedì 13 marzo 2008

venerdì 7 marzo 2008

La scelta

VELTRONI E IL NORD EST

Lo strappo di Calearo
di Gian Antonio Stella

Dice il ministro rifondarolo Paolo Ferrero che l'idea di Veltroni della comunità del lavoro «è una classica idea di destra organicista, la traduzione del "siamo tutti sulla stessa barca" con i lavoratori che remano e Agnelli al timone». «Una stupidaggine», sentenzia: «La società è divisa tra chi sfrutta e chi è sfruttato». Quindi, come ha sancito Fausto Bertinotti, tra l'operaio scampato all'incendio della Thyssen e l'ormai ex presidente di Federmeccanica Massimo Calearo candidati insieme nel Pd, o è di troppo l'uno o è di troppo l'altro.
Per carità: potrebbero esserlo tutti e due. Nella prospettiva di un partito attento ai processi più nuovi della società, Antonio Boccuzzi ha oggi un altissimo valore simbolico dopo la catena di omicidi bianchi ma porterà in Parlamento la prospettiva di un lavoratore di un settore esausto e assai poco innovativo. Ed è fuori discussione che l'ex rappresentante degli industriali vicentini, che sono tra i pacchetti di mischia combattivi del Paese, è del tutto estraneo alla storia del centrosinistra. Non bastasse, ha sottolineato subito questa sua estraneità confidando di non aver «mai» votato da quella parte e infilando una serie di battute, a partire da «San Clemente» che hanno incendiato il dibattito come una torcia in un pagliaio.Veltroni poteva trovare di meglio per aprire a quel Nord Est da decenni avaro di soddisfazioni per la sinistra? Può darsi. I mal di pancia dell'elettorato che si riconosce nel Pd sono forti. E nel rivangare un'infelice battuta del neo-capolista democratico sullo sciopero fiscale («a mali estremi...») crescono i sospiri di dissenso di quanti avrebbero preferito che Walter puntasse (ammesso e non concesso che accettassero) su altri cavalli, forse meno ruspanti e meno in sintonia con gli umori dei piccoli e medi imprenditori veneti, ma mai vissuti come «avversari», e tanto meno come «falchi»: Pietro Marzotto, Mario Carraro, Luciano Benetton.
Ma Veltroni voleva lo strappo. Netto. Carta vincente o carta perdente? Si vedrà. Al di là dei turbamenti democratici e dei veleni della destra che urla al «tradimento», le polemiche su Calearo dimostrano però ancora una volta tutti i limiti d'una certa sinistra nel capire il Nord Est. Basti leggere Liberazione.Dove i settentrionali sono «prigionieri del benessere blindati nelle villette-bunker» contrapposti a «meridionali costretti a una nuova ondata migratoria verso i paesi di quelle villette». Uno stereotipo che fa il paio col modo in cui Alfonso Pecoraro Scanio sbertucciò le paure dei veneti dopo il massacro di Gorgo al Monticano: «Il tono del dibattito sulla sicurezza è ormai da barzelletta». E con l'idea di una società spaccata come una mela di Ferrero.
Sia chiaro: il mondo è pieno di sfruttati e sfruttatori. E gli uni e gli altri vanno chiamati col loro nome: sfruttati e sfruttatori. Ma questa sinistra è convinta di conoscerli davvero, i «suoi» operai del Nord Est? Dicono le tabelle delle ultime politiche che i risultati ottenuti da Rifondazione in alcuni paesi ad altissima densità operaia della provincia iper-industrializzata di Vicenza sono i seguenti: 2,7% ad Arzignano, 2,7 a Carrè, 2,0 a Rosà, 1,8 a Rossano Veneto, 1,6 a Zermeghedo... Come mai? Forse le cose sono un po' più complesse...

(dal Corriere della Sera del 7 marzo 2008)


La classe operaia del Nord Est, non è una classe operaia? che vuole, esattamente e in realtà? perchè Rifondazione non fa breccia nei loro cuori e non riesce ad interpretare i loro desideri? Non sarà forse che Rifondazione ha già deciso a priori quali sono le esigenze di quella cosidetta classe?
Chi sono coloro i quali sono attaccati alle idee, i comunisti o gli altri? L'idea della classe operaia forse è solo un'idea, un'astrazione pericolosa, che perde di vista la realtà, fingendo un realismo da professore accademico convinto di essere nel popolo, di andare al popolo, novelli narodnaja volja. Si pretende di descrivere obiettivamente la realtà in nome di un processo storico basato sulla speculazione filosofica datata più di 150 anni fa. Di speculazione si trattava, lungimirante certo, e non sarò certo io a negare il grande valore di quella speculazione; ma manichea, violenta se si cerca in tutti i modi d'incastrare i dati storici e di fatto come pezzetti di un puzzle che non combaciano fra di loro. Di idee, non di fatti: idee che si basavano sulla analisi dei fatti, ma di idee.

Detto questo, odio il trasversalismo di Veltroni, il nuovo trasformismo all'italiana, volemose bene, siamo tutti sulla stessa barca; il suo progetto di politica all'americana non credo possa davvero trapiantarsi in Italia, anche se tanto malvagia in fondo non è: l'idea del grande partito di centro sinistra, nel quale si compongano, all'interno del partito e non in una battaglia all'ultimo sangue nelle istituzioni che porta all'ingovernabilità, gli interessi e le istanze della parte progressista del paese, nel quale si possa verificare il peso di ciascuna componente, e se il peso è insufficiente allora stiano zitti, perchè se non sono rappresentativi di una parte considerevole del paese non possono governare, quindi non possono contare nulla, quindi affanculo, prima vadano ad incidere sulla realtà sociale e dopo possono dirsi rappresentanti di quella realtà, una realtà che odiano, che disprezzano, che li fa vomitare. Sono io, quella che odia la gente cosi com'è, allora nulla, non posso certo dirmi rappresentativa di questa gente che odio, di mia mamma che pure è mia mamma, ma che io non rappresento, perchè io a mia mamma tento tutti i giorni della mia vita di cambiarla, lotta continua che si risolve sempre in una sconfitta; allora io non posso rappresentarla, questa realtà che odio. Allora non bisognerebbe tentare di rappresentare ciò che non si conosce, ciò che non si comprende, e guardare ai propri simili, e basta. E pensare a qualcuno che rappresenti me stessa. Chi mi rappresenta? Veltroni? Non penso, lo voterei solo sulla base di un calcolo, per dare forza al suo tentativo velleitario di rinnovamento del sistema politico-istituzionale. Al chiuso della cabina elettorale, io la scheda e la matita, cederò ancora una volta al fascino di Bertinotti, temo. A meno che in quest'ultimo mese che mi separa dall'appuntamento alla scuola media di Montegrillo, non mi costruisca una serie di solide motivazioni razionali che riescano a sconfiggere quell'impulso quasi primordiale alla nicchia.

Poi, certo, bisognerebbe riflettere sul perchè in Italia, da sempre, il ruolo di campione del liberalismo-liberismo lo interpreti la sinistra riformista; in questo, credo, un peso non trascurabile derivi sempre da quella speculazione filosofica di una vita fa...

Questa è l'impressione di un mese di campagna elettorale, forse distorta dalla mia tentazione di fregarmene definitivamente, e rinchiudermi nel mio eremo... la scelta più conseguente del mio amore per la nicchia.

A ver...