sabato 10 novembre 2012

Do You Really Realize?




Ci sono canzoni che ti entrano dentro immediatamente. Non sai esattamente di cosa parlino, ma la loro grazia, la loro bellezza parla una lingua che non ha bisogno di "strumenti" per interpretarle e decodificarle.
Poi la curiosità fa il resto, e riesci anche a capire cosa le renda così straordinarie.

Canzoni così tutto il mondo dovrebbe conoscerle. Per questo ve la metto qui, così un qualsiasi avventore casuale del mio blog potrà conoscerla. Sarebbe meglio se partisse il player appena aperta la pagina, ma sono troppo libertaria per azionare un meccanismo del genere.

Pigiate play, guardate il video, leggete il testo.





Do You Realize - that you have the most beautiful face
Do You Realize - we're floating in space -
Do You Realize - that happiness makes you cry
Do You Realize - that everyone you know someday will die

And instead of saying all of your goodbyes - let them know
You realize that life goes fast
It's hard to make the good things last
You realize the sun don'-go down
It's just an illusion caused by the world spinning round

Do You Realize?
Do You Realize 
that everyone you know
Someday 
will die

And instead of saying all of your goodbyes - let them know
You realize that life goes fast
It's hard to make the good things last
You realize the sun don'-go down
It's just an illusion caused by the world spinning round

Do You Realize - that you have the most beautiful face
Do You Realize?

domenica 16 settembre 2012

Un giorno

Vorrei che tu mi riabbracciassi.
Vorrei che fossi un esercito di alberi.
Vorrei costruirmi una casa, un piccolo mondo in cui rifugiarmi quando è finita la giornata. E quella casa senza di te non esiste.
Vorrei che l'amore non facesse sempre così male.
Vorrei non aver voglia di comprare libri sulla psiche umana che non riesco a capire.
Vorrei non dover più analizzarti.
Vorrei non sentire più il bisogno di trovare i miei errori, le mie colpe.
Vorrei non sentire più il bisogno di un analista.
Vorrei solo passare del tempo con te.
Parlare.
Ridere.
Scambiarsi sostegno, stima, amore.
Vorrei che incontrarti sia una gioia, non un rischio.
Vorrei non piangere più per te.
Vorrei non sentirmi più acida.
Vorrei che tu potessi tirar fuori tutta la mia fiducia, tutta la mia dolcezza.
Vorrei che finalmente io non debba più desiderare che i miei desideri svaniscano.
Vorrei capirti.
Vorrei intuirti.
Vorrei essere la tua armonia.
Un punto fermo.
Vorrei essere forte.

Non succederà, lo so benissimo.
Ma non è facile far morire un desiderio, stupido, ingenuo e imprevedibile.
Quando pensavi fosse morto.
Quando eri convinta di averlo ucciso, perché è un desiderio inutile, ormai.
La mia razionalità che tutto sa e la mia femminilità che tutto sbaglia.

Un giorno questo cambierà.
Un giorno questo ciclo non si ripeterà.
Stop.
Un giorno.


http://grooveshark.com/s/Pi+Forte+Del+Fuoco/4yADdW?src=5

giovedì 13 settembre 2012

Città Immobile

Ci sono tre regole.

1. C'è sempre una vittima

2. Cerca di non essere tu

3. Non ti scordare la seconda regola.


Dedicato a tutti quegli uomini che non si pongono limiti a mietere vittime. Solo per il gusto di sentirsi amati da un'altra donna, per non sentirsi soli, perché da soli non ci sanno stare: una continua ricerca di conferme, di appartenenza.

Anche se l'unica donna che amano è proprio quella che non possono più avere. E lo sanno bene.

O forse, meglio dedicarla a tutte le donne che li incontrano.

mercoledì 8 agosto 2012

Stoccolma

Cuore della notte, quasi.
Oggi ho un pensiero ricorrente.
Il mio gatto, mai uscito di casa per sua scelta (se si può chiamare "scelta" la paura) da un po' di tempo tenta la fuga.
Io lo incentivo, lasciando spesso la porta di casa aperta, sperando di vederlo prendere coraggio mentre io mi affanno in qualsiasi altra faccenda. Insomma, lo ignoro.
Oggi non solo ha varcato la soglia, ma non si è fermato come fa di solito accucciato allo zerbino - al massimo annusa lo zerbino dei vicini - ma è arrivato a scendere tutta la prima rampa delle scale che portano al portone del palazzo.
Per approvarlo, ho deciso di uscire di casa e di chiudere la porta.
A quel punto lui è tornato indietro. La porta chiusa non poteva reggerla. Si è messo a implorare affinchè la riaprissi.

Esco. La mia amica è intelligente. Decisamente sopra la media. Infatti è un personaggio un po' al limite tra normalità e follia. I personaggi che io amo maggiormente, con cui mi sento più a mio agio.
Dice una cosa. "Dobbiamo mantenere una riserva di energia pronta da usare per rifarci una vita senza i nostri amici, senza i nostri affetti di sempre. Le persone eccessivamente affettuose con i loro cari si comportano in questo modo perchè non sanno uscire dalla loro casa. Apparentemente hanno un equilibrio, ma è come se non vivessero. Non si chiedono cosa c'è fuori perchè non sanno chi sono".

E' così dolce essere prigionieri.

mercoledì 1 agosto 2012

Satellite of Love

Della serie, canzoni della vita.

Sono un tipo solitario. Faccio fatica a condividere la mia vita con qualcuno. La mia idea di amore è questa: SATELLITI. Non funziona mai, quasi mai. Almeno, finora non ha mai funzionato.
Telefonate tutti i giorni. Sentirsi ogni attimo. Raccontarsi ogni cosa. Rendere conto. Dormire insieme, ma soprattutto, svegliarsi insieme. E le imperfezioni, beh, io le odio. Le odio di me stessa, figuriamoci mostrarle agli altri. Anzi, all'altro. L'uomo per cui ho perso la testa. L'uomo dalle cui labbra pendo. Come può essere possibile?

Ho paura che questa mia solitudine possa cronicizzarsi. Ma sono così.
Ho imparato che anche quando mi sono innamorata perdutamente, beh, è stato anche peggio. Quando sembrava che avessi trovato il compagno perfetto, ecco, starci insieme ha rovinato tutto. Prima, da amanti, da satelliti, andava tutto bene. Perchè non funziona che due sono perfetti insieme prima di provare a stare insieme davvero. Ma questo è un altro post, che intitolerò "2+2=5".

Allora, quando mi innamoro, e sono una che lo capisce subito talmente è raro l'evento, la prendo un po' alla larga. Vediamo se per lui è lo stesso. Non chiedo niente, mai. Non dico mai "voglio stare con te", men che meno "sono innamorata di te". Sento solo molta voglia di passare del tempo con lui, e spero sia così anche per lui, liberamente, ma non spero più - come facevo tempo fa - che sia qualcosa di intellettuale ad unirci. Spero solo sia alchimia. Che non so bene cosa voglia dire, ma mi  dà l'idea di un composto chimico che mescola insieme elementi che finchè non si mescolano, ecco, non si sa. Anche questo però fa parte del prossimo post "2+2=5".

Solo che, ecco, io vorrei averti qui con me ma senza stringere. Stare bene con te, senza che nessuno dei due sia costretto. Questa idea malsana che due s'incontrino liberamente senza decidere davvero di volere stare insieme. Sciocca di nuovo. Testarda. E anche un po' vigliacca.




sabato 21 luglio 2012

The Jack Of Hearts



La notte a parlare. Lei disse "Io non voglio sposarmi, non voglio figli, io non sarò mai una fidanzatina o una moglie. Lui vuole questo. Io lo amo, ma non posso stare con lui".

Queste parole la colpirono. Quanto era poco padrona del suo destino, lei. Lei era solo una piccola piuma nel vento. Pensò "non voglio più essere confusa e felice". Nessuna carta dal mazzo, nessun fante di cuori. Le disse:  "Lo amo, ma non posso essere quello che non sono. E l'amore non vince quasi mai su questo".

E poi, quanti stupidi film, quante stupide canzoni. Riprendiamoci almeno la cultura, quella vera, quella che descrive la nostra complessità. Non ci sono finali in rosa o promesse solenni. L'amore è altra cosa.


domenica 1 luglio 2012

Bambole di pezza


Con questa canzone ho conosciuto una delle mie band preferite di quando avevo 19 anni. Su Suoni e Ultrasuoni a radio2 passavano spesso questa versione di una canzone cantata da France Gall ma scritta da Serge Gainsbourg ed eseguita dai Belle and Sebastian live per le Black Session di un'emittente radiofonica parigina. Erano i tempi di “The boy with the arab strap”, erano i tempi del mio primo esame universitario, un sonoro 30 e lode a statistica di felicità infinita; erano i tempi del cinema Modernissimo dove quella sera andai a vedere “Train de Vie”; erano i tempi di Musica Musica con la mia amica Elisa, perchè dovevo festeggiare quel voto con un autoregalo, e i miei autoregali preferiti sono sempre i dischi. Ascoltammo prima uno degli ennesimi dischi degli Smiths, ma quando partì “He could have been a brilliant carrier”, scegliemmo il disco verde dei Belle.
Elisa, al suo primo viaggio a Parigi, mi spedì una cartolina citando dei versi di questa canzone: “et la seule raison c'est connaitre des garcons”.

In realtà, diceva tutt'altro...

Je suis une poupée de cire, une poupée de son 
Mon cœur est gravé dans mes chansons 
Poupée de cire, poupée de son 
Suis-je meilleure, suis-je pire qu'une poupée de salon? 
Je vois la vie en rose bonbon 
Poupée de cire, poupée de son 

Mes disques sont un miroir dans lequel chacun peut me voir 
Je suis partout à la fois brisée en mille éclats de voix 

Autour de moi, j'entends rire les poupées de chiffon 
Celles qui dansent sur mes chansons 
Poupée de cire, poupée de son 
Elles se laissent séduire pour un oui, pour un non 
L'amour n'est pas que dans les chansons 
Poupée de cire, poupée de son 

Mes disques sont un miroir dans lequel chacun peut me voir 
Je suis partout à la fois brisée en mille éclats de voix 

Seule parfois je soupire, je me dis: "À quoi bon 
"Chanter ainsi l'amour sans raison 
"Sans rien connaître des garçons?" 
Je n'suis qu'une poupée de cire, qu'une poupée de son 
Sous le soleil de mes cheveux blonds 
Poupée de cire, poupée de son 

Mais un jour je vivrai mes chansons 
Poupée de cire, poupée de son 
Sans craindre la chaleur des garçons 
Poupée de cire, poupée de son









giovedì 28 giugno 2012

Il tempo delle mele


E poi arrivò la proposta della maestra “Che ne dite se facciamo un'estrazione per decidere i compagni di banco?Così vi integrate un po' di più”. Martina ebbe un sussulto di terrore, mentre la classe mugugnava un po' di scontento, ma allo stesso tempo eccitata dalle possibili novità che questo meccanismo avrebbe potuto portare. Nuove amicizie, nuovi amori, nuovi motivi di brusii... per Martina un incubo.
E se le fosse capitato un maschietto? Nessuno di loro avrebbe mai voluto essere il suo compagno di banco, lei lo sapeva. A volte usciva di casa la mattina per andare a scuola, e poi non ci andava, senza dire niente alla mamma. “Un'altra giornata di infelicità, posso evitarla. Vado a fare un giro da sola nel parco sopra la scuola, poi decido se tornare a casa o no”. Era sempre stata autonoma e orgogliosa, avrebbe potuto fare a meno di loro, tranquillamente, piccoli esseri inutili educati male da altrettante persone becere. “Perchè dovrei mischiarmi con loro? Sto bene da sola, io”. Pare che qualcuno l'avesse vista, e una mamma di un suo compagno di scuola l'avesse spifferato alla maestra “quella bambina è strana”. La maestra aveva chiesto a sua mamma se Martina avesse qualche problema. La mamma aveva risposto che era sicuramente una questione ormonale “Sa, si è appena sviluppata, è una periodo difficile per una dodicenne, ma tutto nella norma”. Non immaginava il suo disagio, sua madre le diceva “vedi quelle bambine obese? Non si fanno nessun problema, suvvia, devi essere più sicura di te”. Martina pensava che avrebbe voluto vedere sua mamma al posto suo “tu mamma, coi tuoi occhi verdi, considerata bella da tutti, che ne sai?”. Avrebbe voluto un po' di sofferenza per tutti: ci pensava molto alle diseguaglianze, e stava decisamente maturando un'idea di giustizia che non l'avrebbe mai lasciata.
“Vado nel parco e mi leggo Forza Milan, c'è uno speciale sul mio amore, Marco Van Basten, e sto sicuramente meglio che in quella classe”. Sì, perchè non comprava mica “Cioè”, lei: roba da ragazzina scema. Ne andava orgogliosa, lei non era banale come tutte le altre ragazzine.
Arrivò il giorno dell'estrazione: Nicola Millucci. Ecco il nome del suo futuro compagno di banco. Poteva andare peggio, di sicuro. Era fra i più educati e carini, uno di quei bambini che non parlano mai, timido. Un bambino normale, un tipo anonimo. Ma gli altri maschietti avevano già iniziato a prenderlo in giro, e sapevano essere davvero crudeli. Per lui stare di banco con Martina poteva diventare una specie di affronto, e lei non voleva. “Ma perchè deve essere costretto a stare di banco con me?”

Arrivò il lunedì, il suo posto nel banco vuoto l'aspettava. Però non era unito a quello di Nicola. Qualcuno l'aveva allontanato. Lui? Gli altri? Martina triste si sedette rassegnata. Ridolini dietro le sue spalle, sbeffeggiamenti al povero Nicola, che non se la sentiva di attaccare il banco. Martina iniziò a piangere dentro. La maestra entrò e intimò a tutti di attaccare i banchi.

Nicola la guardò come a dire “dobbiamo fare 'sta cosa” e le disse di avvicinare il suo banco che sporgeva, visto che quello di lui era attaccato al muro. Lei era pietrificata... “come faccio a stargli così vicina? Mi vedrà da vicino e penserà che sono ancora più brutta”
Silenzio.
Non ce la faccio, lasciamo stare... perchè dovrei chiedergli così tanto?Non voglio essere un problema, io”.
Lo sguardo di lui si faceva sempre più pietoso, e lei odiava la pietà. Non voglio crearti nessun problema, non voglio niente da te, lo so che non posso voler niente da te, ma magari possiamo essere amici... se soltanto tu...

Martina disse “Facciamo finta che io sono un maschio....”

E attaccò il suo banco a quello di Nicola. 

domenica 17 giugno 2012

Buchi


Un buco nero, in cui vanno a finire tutte le emozioni.
I fotogrammi degli uomini che ho amato.  I loro occhi, il primo incontro, i sorrisi, i desideri repressi, la libertà, la passione, i baci, toccarsi, evitarsi, se mi stringi così mi sento piccola ed è tutto ciò che voglio, le intese, le parole, arrossisco, i miei occhi che ruotano nella paura-desiderio di finire nei suoi - “panic!” - l'inutile stesura di inutili libretti d'istruzione (ma io che ne so?)... tutto lì, nel buco nero.

Stanno tutti là, e quando non ce li hai, ti fai un giro nel buco nero. Lì non c'è rancore, non c'è quasi mai spazio per il rancore. I miei uomini sono gatti, che distruggono le cose a cui tengo, e poi ti fanno le fusa. Ok, ha distrutto tutto, ma è un gatto. E' solo un gatto. E' colpa tua, che hai lasciato in giro le cose importanti. Non ti puoi incazzare con un gatto. L'hai scelto tu, felino. Non volevi un cane fedele; un gatto sensuale e indipendente, ma dolcissimo e presente, che ogni tanto ti si strofina, senza chiedere tantissimo, solo crocchette e qualche coccola. Puoi solo prendere quello che ha da darti, un gatto. Che poi, non è poco. Almeno con un gatto, c'è un luogo che puoi persino chiamare casa. In fondo, tra un buco nero e una casa, che differenza fa? 



domenica 20 maggio 2012

And words are futile devices

Ma perchè uno dovrebbe scrivere in un blog?

Io stessa ho ripreso in mano queste pagine un mese fa, le ho trasformate da rosa a rosse, per poi abbandonarle.
Un blog.

Perchè non scrivo più.
Perchè non elaboro più.
Perchè non condivido più i miei pensieri.

Ma con chi? chi mi legge?

Fosse anche solo l'illusione che qualcuno possa leggermi, lo preferisco a un "mi piace" messo a un link di una canzone cantata da altri.

Perchè io sono complessa e ho bisogno di fare uscire i pensieri.
Perchè la vita non è fatta di frasi corte, brevi e non esplicate.
Perchè voglio illudermi di essere un libro aperto. (non lo sarò mai)

Ma mi piace l'idea che la mia complessità esista, che qualcuno la legga, che chi crede che tutto si possa ridurre e semplificare, trovi in me una pazza che ragiona in maniera personale, che viva le cose in una sua maniera, unica. Che poi non è speciale, ma almeno è mia.

Perchè lo scambio, più articolato è, più arricchisce. Anche nel mio piccolo mondo.

E poi, mi sono resa conto che non so più scrivere. E che non comunico. Tutti questi mezzi per comunicare, e nessuno dice niente. Sembriamo la copia di mille riassunti.

E poi, e poi... Io mi sono innamorata di una persona, leggendo il suo blog. Pensate quanto potenti possano essere le parole. Una persona che conoscevo già, ma non la conoscevo davvero. Ho letto un post del suo blog e mi sono chiesta "ma dove sei stato fino adesso?". Il destino ha voluto che proprio con lui una sera mi sono messa a discutere di quanto le immagini senza parole non siano altrettanto comunicative. Lui ovviamente sosteneva il contrario. Il problema è che ancora non ho capito chi dei due avesse ragione. Ma l'importante era discutere, parlare, ragionare.

Quanto mi piace, questo piano razionale.

Forse la sciocca sono io.


domenica 22 aprile 2012

E ogni prezzo ha un viso...

E poi arriva un nuovo disco degli Afterhours. Non sono una fan. Non mi piace essere una fan, sono razionale, io. Non perdo la capacità critica. Vedo le mie imperfezioni, vedo quelle degli altri, anche di quelli che amo. Manuel Agnelli ha una qualità: l'ottimismo un po' sempliciotto: l'idea che quello che fa abbia un senso, abbia un peso, incida. Che possa cambiare qualcosa. Lo dice lui stesso. Crea cose pensando in grande. Pretende di essere chiamato "artista". E' quasi spocchioso in questo suo atteggiamento. Eppure dopo un primo istintivo fastidio che si può provare rispetto a un personaggio del genere, non si può non riconoscerne la capacità creativa: mai lasciata a se stessa. E poi, un'altra qualità, più soggettiva, che possiede è che riesce a sintetizzare con delle frasi fastidiosamente chiare e semplici, quello che sento. E interpreta i nostri tempi, li mette in musica, li comunica come altri non sanno fare. Rendendoli diretti, appunto, semplificandoli. Padania parla di libertà. La libertà che pensiamo di avere, ma che più esercitiamo, più ci sfugge di mano. Non si è mai liberi senza l'autocontrollo. Non si è mai liberi, senza decidere cosa essere. Senza volontà. I greci la chiamavano auto-nomia (dove nomos è la legge): la libertà è la regola che decido di seguire, a cui consapevolmente decido di obbedire. Tutto il resto è prigionia. La prigionia del nostro nulla, del nostro cieco desiderio, spesso di sopraffare l'altro, nel tentativo di farci amare, di essere qualcosa che non siamo, finendo per sottostare a regole che non ci appartengono. Tutto il resto non è libertà, è licenza. E la licenza fine a se stessa, è il nulla. E' il qui e ora, senza progetto. "La liberazione dal nostro dovere. Costruire per distruggere". Ma ci siamo tutti dentro fino al collo, in questo. "La dittatura è dentro di te: lotti, tradisci e uccidi per ciò che meriti". Siamo tutti liberi. Liberi di essere stronzi, di superare tutte le regole della solidarietà umana, dell'amore, dell'amicizia. Senza legami. Senza fede. Senza impacci. E felici.

Sono solo una bellissima tappabuchi affettivi

Poi dicono che l'amore sia una cosa irrinunciabile. Io vorrei tanto rinunciarvi, a questo groviglio di intuizioni e pensieri che mi assale la notte. Nel mio letto. A dormire da sola. Incontri un uomo, ti colpisce. Non c'è un motivo, ma senti un chiaro segnale che tra te e quell'uomo ci sia qualcosa. Lo capisci subito, non razionalizzi, non c'è una spiegazione. Nemmeno ci hai mai parlato, come potrebbe esserci una ragione. Ma da quel momento in cui l'hai notato, lui sarà irrimediabilmente parte del tuo palcoscenico. E da quel momento, inizi a sentirti parte di un tutto. Un disegno superiore regola i domani, tu non puoi far altro che piegartici. Obbedire ai tuoi istinti. Obbedire alla tua vita. Il futuro ti darà ragione. Tu e quell'uomo sconosciuto sembrate conoscervi da tempo. Banalità, lo so. Ma sembra davvero un incastro quasi perfetto. Non è la prima volta che ti capita: tu senti prima degli altri. Tu intuisci il destino, hai questa capacità. O forse, era solo il tuo corpo che ti segnalava un pericolo. Un ennesimo pericolo. La perdita di te, del tuo controllo. Una voglia di vertigine, una sbornia colossale. Non vuoi opportici, è proprio quello di cui hai bisogno. E' il tuo istinto che si fa strada, che ti implora di non sopprimerlo ancora una volta con la testa. Sei troppo razionale. "Està todo en tu cabeza" diceva Olivier. Infatti ti piace, perderti, uscire da te: ti salva. Ma per farlo, perchè, perchè innamorarsi? Perdere se stessi con un amore. Sentirsi parte di qualcosa. Sentirsi a casa. Chiedersi "ma dove sei stato tutto questo tempo?" Per poi sentirsi soli. Perchè lui non resta. Mai. Se ne va. A volte anche dicendoti che ti adora. Qualcuno, andandosene,al tuo "non ti voglio più vedere" ti dice anche "e io come posso vivere senza di te?". Piangi. Male, dolore, contorsioni, voglia di essere un'altra. E poi scoprire che vorresti ripeterla, quella sensazione. E allora hai bisogno di lui. Ma perchè proprio di lui? Perchè lui ha il potere? è una questione di potere. è una questione di incastri di personalità. è una questione che se tu cambi, che se ti disintossichi dalle tue cattive abitudini, tu non ripeterai in eterno questa altalena. L'incontro. L'attesa. La scoperta. La magia. La sicurezza. L'insicurezza. La negazione. La solitudine. E di nuovo, daccapo. Pianti e risa. Casa e vaghezza. Non voglio più che tutto sia così. Ecco, io vorrei solo capire. Come è possibile? Ci deve essere una spiegazione. La troverò, lo farò a pezzi e me ne distaccherò. Scoprirò la formula magica per non sentirmi più solo di passaggio.