lunedì 3 dicembre 2007

With no direction home


Chi sono? vi piacciono i Rolling Stones? Ricordo una discussione intavolata a mensa nel periodo d'oro universitario, avviata con ogni probabilità da Trippa, nella quale ci si chiedeva chi avremmo scelto fra Rolling Stones e Beatles se fossimo stati ggiovani negli anni sessanta. Ricordo che fui l'unica a sostenere che i Beatles erano irrangiungibili e che tutti mi presero in giro, che non capivo niente. Ero allibita, non capivo come si potesse sostenere il contrario. Un po' come quando mi avete presa in giro perchè dicevo che i Radiohead non potevano assolutamente essere paragonati ai Nirvana nella storia del rock, in quanto i Nirvana con quei quattro semplici accordi erano stati geniali come interpreti della loro epoca e icone di una tendenza musicale che aveva portato tanta freschezza alla musica dei primi Novanta. "Nooo, ma che dici? i Nir-va-na? roba da ragazzini scemi, i radiohead sono più sofisticati, complessi". Ma i Beatles io li ho amati anche di più, canzoni come "A day in the life", "Lucy in the sky with diamonds", "Happiness is a warm gun", "Come together", troppe ce ne sono, capolavori assoluti, visioni in musica. Vabbè, ho divagato, in fondo i Rolling stones non c'entrano niente con il post. Prima però, lancio un dibattito: meglio le canzoni di Paul Mc Cartney o di John Lennon?

Ma veniamo al punto:

Rolling Stones è anche il nome di una rivista che ho comprato una settimana fa, più o meno, e che mi ha regalato una tessera con 5 canzoni gratis da I-Tunes. Immagino che non vi freghi molto, ma io volevo un vostro consiglio, che canzoni scarico? Attendo svariati suggerimenti, anche da chi legge e di solito non commenta, voglio la vostra playlist del periodo o le chicche sconosciute scoperte e di cui andate particolarmente fieri...dai dai. Nel frattempo in questi giorni cerco casa con Silvia, abbiamo trovato una con una stanza in più molto appetibile, qualcuno vuole venire con noi? prezzo modico per una singola, fateme sapere. Aurich è saltato per la gioia di Daniele che fremeva dalla voglia di fare quella corsa per vecchi che è l'invernalissima, ma in compenso non vedo l'ora di riabbracciare Federico curiosa di verificare se la Germania l'ha cambiato o invecchiato. Speramo de no. Cmq un viaggetto a Frascati ora è irrinunciabile, secondo me. Nel salutarvi per andare a dormire, lancio anche un altro dibattito: qual è la migliore rivista di musica? e poi, meglio riviste cartacee o web?ditemi ditemi, che mi fido di voi.

Buenas a todo el mundo

giovedì 8 novembre 2007

Cassandra

"Il fronte contro il quale il socialismo democratico deve schierarsi non è più quello del socialismo pervertito da restituire ai suoi principi in nome della libertà, ma, in nome della giustizia sociale, quello del liberalismo trionfante. Se il socialismo liberale era nato per rivendicare i diritti di libertà contro un socialismo diventato dispotico, il socialismo liberale di oggi deve difendere i diritti sociali come condizione necessaria per la migliore protezione dei diritti di libertà, contro il liberismo anarchico. [...]

Ma per dare nuova forma e nuovo contenuto a un grande partito socialista, oggi non basta ricostituire la sinistra. OIccorre prendere atto che nel nostro paese sta attraversando una crisi gravissima lo stesso istituto del partito politico. Come è capitato spesso nella storia del nostro paese, è avvenuto in breve tempo il passaggio da un estremo all'altro, dalla cosidetta partitocrazia a una situazione che con un neologismo si potrebbe chiamare partitopenia.

I partiti che si vengono formando oggi in Italia non hanno più nulla del partito nel sensoi originario della parola. Sono raggruppamenti personali e occasionali che stanno avendo un unico effetto, quello di far aumentare l'astensione elettorale, cioè il partito dell'antipartito. Il nuovo partito di sinistra deve affrontare dunque una duplice crisi, non solo quella del socialismo da ricostituire, ma anche quella della istituzione partito, la cui crisi inceppa addirittura il regolare funzionamento della nostra democrazia"

Pronunciando queste parole in un Convegno organizzato dai Ds di Walter Veltroni nel 1999 per accogliere la "lezione di Carlo Rosselli" (e già questa cosa è tristissima, ma non c'è qualche pensatore contemporaneo al quale riferirsi? che possa approvare di essere usato politicamente da Veltroni?), Norberto Bobbio si autodefiniva una Cassandra.

Mi ricorda qualcosa di molto vicino...no? Poraccio.

Radici

Leone (23 luglio - 22 agosto)
"Quando una pianta è in difficoltà", ha detto il regista David Lynch, "un giardiniere esperto non si preoccupa delle foglie. Affronta il problema alla radice". La prossima settimana, Leone, questa riflessione dovrebbe farti da guida. Non affrontare i sintomi del tuo dilemma con denaro, lacrime o accuse. Cerca invece di scoprirne le cause nascoste e poi massaggiale con abile compassione.


Oddio, l'ho fatto, ho messo l'oroscopo nel blog. Chiedo scusa. Ma quello di Brezsny è davvero carino. Almeno ho riaggiornato sto blog, che la faccia di Turati non si poteva più vedere. Volevo scrivere un post personale ma sinceramente sono un po' a corto di parole, mi sento inspiegabilmente stanca e svogliata. La parola giusta è scoglionata. Ma non c'è un motivo, almeno apparentemente. Studio, leggo molto, la rivista (molto scomoda da leggere), i saggi su GL, e le cose in generale vanno bene, direi. Quindi leggendo l'oroscopo dalla mail di Internazionale sono rimasta colpita dal suo contenuto. Ci deve essere qualcosa che non va alla radice.

Vabbè, speramo de no. Comunque, questo è il mio umore cari lettori. Le novità sono che probabilmente il 12 dicembre volerò a Brema, che forse al ritorno passerò da Barcellona per i trent'anni dell'Irene (ma questa è solo un'idea), che il 30 novembre ci sarà la cerimonia di premiazione a Firenze alla presenza di Franco Marini. Poi, direi basta. Domani sera vado a vedere il film di Soldini alla Turrenetta. Se qualcuno vuole venire è ben accetto.



E ora pubblicherò un altro post che faccia da contrappeso all'oroscopo...

venerdì 12 ottobre 2007

Annunciazione! Annunciazione!

Vi ricordate la mia tesi? Quella che parlava dell'apporto dei parlamenatri socialisti alla democratizzazione delle istrituzioni italiane sotto Giolitti? Quella per cui ho perso quasi due anni pieni della mia carriera universitaria a esami già belli e finiti? Per cui tutti - chi più chi meno- mi avete presa in giro perchè stavo sprecando tempo?
In effetti, non è che aveste poi tutti i torti, avrei potuto finirla prima. Questione di forza di volontà, di obiettivi certi, di organizzazione. Non vedevo grossi obiettivi, ma ormai c'ero dentro e dovevo finirla, per bene. Perchè le cose o si fanno bene, o non si fanno. Non è vero, ma ci stava bene. Bisogna anche dire che mi sono letta 10 annate della "Critica Sociale" - un quindicinale di 20 pagine un pelino concettuale - nonchè tutto il Carteggio Turati-Kulioscioff (ben 6 tomi!) almeno per gli anni 1901-1912 e ho consultato tutte le discussioni parlamentari dell'epoca... sapete quei fogliacci gialli rilegati in raccoglitori di cartone enormi...ecco, sì. Per fortuna c'erano dei sunti degli interventi dei deputati socialisti, altrimenti buonanotte! Per non parlare della bibliografia sconfinata sul socialismo italiano...
Insomma, quella tesi, che non parlava di Giolitti, bensì di Turati e co. mi ha dato una soddisfazione. Ha vinto un premio, nazionale, con soldi, presso una Fondazione a Firenze. Mi è stato comunicato con mio immenso stupore ieri. Prima ho pensato che volessero solo menzionarla fra le tesi degne di nota, poi ho realizzato che il tizio parlava di soldi e di premiazione ufficiale. "Tra il 28 e il 30 novembre, stiamo aspettando la conferma da parte del Presidente del Senato, le manderemo una comunicazione ufficiale".
Dice che tre tesi vengono menzionate e premiate con una medaglia rispettivamente del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera e del Senato.

Adè me gaso un po', ne ho diritto no?

Chi mi incontrerà in questo fine settimana avrà diritto a alcol gratuito da parte mia.

Un besazo

martedì 9 ottobre 2007

lunedì 1 ottobre 2007

Doveroso

Ora che ho un blog anche io posso fare degli auguri pubblici (e nutrire l'egocentrismo di chi li compie) , anche se ovviamente li ho già fatti in altro modo, ma visto che il destinatario è lontano come poche altre volte (ricordo solo barcellona 2002) sfrutto lo strumento per festeggiare simbolicamente via etere i 29 anni di Giovanni... 29, immagino l'ansia di gio nel pensare ai suoi 29 anni compiuti e i 30 incipienti... chissà che fa per festeggiare, senza perugia, senza il circoletto, senza la maggior parte dei suoi amichetti speciali... che fai gio?

Qui a perugia, invece, succede che ieri era una giornata assolutamente estiva che ho passato a zonzo fra il centro e ponte rio, che mentre la brizzli prendeva la solita doppio malto io ho optato per un più sobrio bacardi breezer, che sabato il centro era traboccante di gente, che io ho avuto un po'di tentennamenti digiacomeschi prima di buttarmi nel curdo, che la birra del caffè del banco è aumentata rispetto al cocco pub, che le luci erano troppo bianche e anche la mia faccia riflessa nello specchio della parete opposta al bancone, che il mio raffredore cmq persiste e che presto rivedremo sia la fra che la pasqui from paris, mentre per fochi dovremmo aspettare ancora troppo, decisamente. Ma chissà che a fine ottobre non decidiamo io e la clà di andare nel nord europa...

mercoledì 26 settembre 2007

Malessere

Sto per scrivere un post alla dozzini.
Sto male, naso tappato, testa pesante, incapacità di articolare le parole in discorsi di senso compiuto, occhi rossi doloranti, lacrimazione facile, freddure alternate a calure... purtroppo non ho un fidanzato-medico che mi possa rassicurare! a pensarci bene, ma i medici maschi che posti frequentano? conosco tutte donne medichesse, ma di maschi, boh? Giusto il "piccolo Lory" (cioè il fratello della Fra, che di piccolo non ha nulla, direi), ma non fa testo essendo suo fratello. E poi fa ortopedia, ci vorrebe uno di medicina interna, diciamo.
Cmq, io sto male e sto aspettando che finisca l'ultimo orale dell'esame del mio tutor, che dura da troppo. Parlo male, penso male e gli devo parlare di "tutto", perchè è più o meno di questo che si occupa la rivista oggetto di ricerca che ho potuto visionare gli scorsi giorni. Bah, speramo bene, che quando sto così non controllo bene quel che dico. Nel frattempo sono riuscita a discutere con un mio collega di Grillo, ormai sembro la sua paladina in realtà non me ne frega nulla ma lo faccio solo per provocare e capire bene qual è l'idea di politica che hanno i miei interlocutori. Con lui, poi, la cosa è piuttosto gustosa in quanto sovversivo doc impegnato nel collettivo autonomo... Immaginatevi quanto io possa essere polemica e fastidiosa da malata!!

Saluti a tutti e specie a gio cui ormai mi ispiro (!)

domenica 23 settembre 2007

Megaumidi

C'è sempre da imparare nella vita. Da questo disgraziato primo sabato autunnale ho imparato ben due cose: chi è Chico Mendes e chi siano esattamente i Meganoidi. Nonostante qualche perplessità iniziale mi sono lasciata convincere da un entusiasmo inaspettato da parte dei miei compari di serata per recarci alla rassegna "Rockinterza" a Madonna Alta. Dopo il freddo polare sperimentato la sera prima in centro decido di equipaggiarmi di maglia di lana e giacchetto di jeans (mi sembrava persino troppo). Ma sbaglio solennemente nella scelta delle scarpe, le solite gazzelle che s'impregnano di umidità una volta a contatto col pratino umido del Parco Chico Mendes. La temperatura è davvero bassa, io ho troppo freddo e i Meganoidi non arrivano. Prima di loro gruppi della scena locale molto pesi, tra i Muse e l'hard-rock. Tra un gruppo e l'altro unaspecie di Pippo Baudo giovane locale che ringrazia continuamente la circoscrizione, l'assessore, il Jap, etc., con una bocca che definire impastata è poco. Poi, finalmente, verso mezzanotte, arrivano loro, i Mega, che io ignorantemente associavo a qualcosa tipo ska-punk-rock, una roba orecchiabile e ballabile, musica leggera e testi demenziali. Manco pe'gnente: inizia una sorta di heavymetal nostrano pallosissimo (che si chiamino Meganoidi in onore ai Megadeth?), che dopo 6 canzoni ci fa guardare in faccia tra di noi e decidere la fuga. Infreddolita, annoiata, schifata, torno verso il centro per decidere poi di riscaldarmi in un pub invece di stare al solito curdo e inaugurare la stagione-Kandinski, che mi offre più di una novità: bancone allungato all'angolo e rinnovato, pareti ritinteggiate, postazione del deejay spostata, nuove luci. Poca gente, però: segno che in centro non era poi così freddo. Beviamo un bicchiere di porto e poi torno mestamente a casa... ho inanellato una serie di errori sulla serata che è meglio non continuare a sbagliare... Immagino che il Norman fosse bulissimo.

Ah, al parco chico mendes invece della birra ho chiesto una bottiglietta d'acqua. Brutto segno...

venerdì 7 settembre 2007

Uno degli uomini politici meno rilevanti della storia

Così mi è stato descritto Carlo Rosselli la prima volta che il mio tutor mi ha proposto un progetto di ricerca su Giustizia e Libertà. Io non ne sono del tutto convinta, è un personaggio che mi ha sempre affascinato per aver proposto coraggiosamente in tempi ancora acerbi di sganciare definitivamente il socialismo dal marxismo, e di dare un peso maggiore al volontarismo, all'etica, rispetto al determinismo e ai processi economici. Probabilmente a livello di influenza politica non ha avuto troppa fortuna, questo bisogna ammetterlo, visto anche la sorte del Partito d'Azione. Vero è che la validità e grandezza di un pensatore politico non si misurano dalla sua diretta incidenza fra i suoi contemporanei, perchè una dottrina può essere precorritrice dei tempi futuri e immatura per quelli in cui vive. E il mio dottorato non è in Storia politica del Novecento (e forse il mio tutor fa confusione perchè insegna anche in questo dottorato, che è quello di Bologna), ma in Storia del Pensiero politico, e i docenti ci tengono a questa precisazione. E la fortuna delle idee la fanno i tempi, ossia quelle valide e capaci di muovere la storia sopravvivono e affascinano anche i posteri.
In ogni caso, sono contenta che nell'ulitma riunione mi abbiano dato il via libera per questa ricerca; in effetti ancora deve essere definita, dovrò visionare la rivista ( proprio quella che vedete in foto, un settimanale che veniva pubblicato a Parigi fra il 1934 e il 40, che non è stato mai studiato nel suo complesso- incredibile, eh? pare che i Quaderni di Giustizia e Libertà siano stati studiati e ristudiati, ma il settimanale no), ma la cosa in sè mi eccita: andare in una Fondazione di storia, sfogliare la carte ingiallite e polverose, leggere di speranze e fervori passati, mi dà un piacere tutto particolare. Come in tutte le cose, il passato dà un'aura di mito agli eventi e riesce a fare ordine rispetto alla confusione del presente. Esattamente come per le lettere della mia adolescenza che conservo gelosamente e ordinatamente in scatole sopra la mia libreria...

In più, ora sembra che io abbia un vero tutor. Molto disponibile, gentile e interessato al mio lavoro. In più ha anche il pregio di essere un tipo polemico e molto documentato, e mi ha dato delle dritte su tutto il mono accademico che finora pochi mi hanno dato.
Ha un unico difetto: è di destra. Cricca Galli Della Loggia. Allievo di Renzo De Felice. Non so come e perchè, finisco sempre per ficcarmi in queste situazioni dove le mie idee devono essere vagliate e rivagliate per essere difese in maniera convinta. Mi piace il contraddittorio, c'è poco da fare. Amo discutere, amo i problemi, amo i nodi e le loro difficoltà, e non dare mai niente per scontato. E mi piacciono i provocatori. Nella ricerca, almeno nella ricerca, può riuscire utile, via.

Spero solo di non farmi influenzare troppo, in tal caso salvatemi e discutete con me...

Stasera torta al testo con claudia, tornata oggi, che nessuna delle due ha voglia di cucinare! è brutto mangiare da soli, mamma mia...

Hasta pronto, dunque, compagni e compagne!

domenica 26 agosto 2007

Regreso

Sono di nuovo a Perugia, e ad essere sincera, dopo le primissime ore di pseudoentusiasmo, vorrei già andare via. Le mie vacanze a San foca non sono state entusiasmanti, visto che ho comunque dovuto affrontare delle situazioni un po' complesse a casa con i miei, ma come sempre lì c'è il mare bellissimo, lì ci sono degli amici su cui ho sempre potuto contare che mi hanno aiutato a staccare dai soliti problemi e da cui mi sono lasciata organizzare le serate. Serate che non sono state niente di particolarmente divertente, ma all'insegna del buon cibo, del buon vino ( a san foca hanno aperto un'enoteca!) e delle belle chiacchierate di resoconto dell'anno passato lontani. E lì poi c'è la gente, calorosa, gentile, aperta, che ti rivolge la parola e ti sorride in qualsiasi situazione. Sarà una cazzata, ma a me cambia l'umore: vedere intorno a me l'ostilità e la chiusura del perugino tipo mi fa deprimere. (Non me ne volgiano i miei cari amici perugini...)
In ogni caso, arriva la fine di agosto e per me è come Capodanno: penso ai buoni propositi per la stagione lavorativa che si fa innanzi. In fondo a Capodanno è un po' innaturale, mica è una cesura, uno spartiacque come invece solitamente è settembre: un nuovo anno davanti da organizzare, da decidere, da cambiare. Sarà che ad agosto compio gli anni e faccio i bilanci, anche. Quest'anno sono 29, e ora devo decidere cosa fare da grande...
Tra i progetti, andare a trovare Fochi in cruccolandia, che già mi manca; magari passando prima da Berlino, anche se è lontana; ritornare a Barcellona dove ora ho un nuovo amico che si chiama Jordi (il ragazzo della mia amica sanfochese Daniela); iscrivermi a una qualsiasi attività sportiva per non perdere la forma conquistata al mare, una roba tra Pilates o nuoto, vedremo; decidere dove vivere, perchè in fondo a Perugia non mi lega nessuno, a parte la famiglia, che però sta qui solo perchè qui "ci stanno i figli"; andare a vivere da sola; fare qualcosa oltre a questo dottorato, che se non cambiano le prospettive non mi porterà a nulla - oppure impegnarmi a far cambiare le situazioni difficili che si sono create nei rapporti coi docenti ; essere un po' più coraggiosa nelle scelte e nelle azioni; ma soprattutto, e dico soprattutto, eliminare tutte quelle situazioni e persone che mi fanno sottilmente soffrire anche se sembrerebbe il contrario, o quantomeno allontanarle: quando torni a casa, la casa è dove hai gli affetti e se questi non ci sono come vorresti, se non c'è nessuno a coccolarti come immagineresti, allora c'è qualcosa che non va, decisamente. Mi consolo ascoltando il cd del compleanno fattomi dal Pampa, pieno di belle canzoni anche piuttosto allegre, e mando un bacio a tutti questi miei amici perugini che si saranno sentiti offesi dalle mie critiche....ma se siete amici miei ci sarà un perchè!
A presto miei cari

martedì 31 luglio 2007

All'eccesso


Doveroso riferimento alla morte di Antonioni, regista di uno dei miei film preferiti, che tempo fa fu inserito nel cineforum organizzato da me e Grazia al contrappunto per conto dell'Erasmus Meeting Point. Ciclo di tre film tutti caratterizzati tutti appunto dall'eccesso, ricordate? "La grane abbuffata", "Ultimo Tango a Parigi" e "Zabriskie Point", che la Gra incredibilmente non aveva visto e che quindi fui io a volere con insistenza. Dovevo anche presentarlo, una di quelle mie introduzioni che inevitabilmente mi riuscivano male, troppo consapevole della mia incompetenza cinematografica per potere calarmi nella parte. Poi non ci sono stata, e mi ricordo dai racconti dei miei amici che c'era la neve (perfetta per il freddo che regnava intorno a me) , e che il film non piacque molto ai presenti, e che forse fu interrotto proprio per la neve. Peccato. Certe scene, solo per la loro carica simbolica ed evocativa e per la loro bellezza in sè meritano la visione del film, in particolare quella del sesso famelico nella Valle della Morte, quasi un grido disperato di affermazione della vitalità umana in netto contrasto con lo scenario di morte intorno ai corpi degli amanti, ma al tempo stesso perfetto come alcova di un amore spettrale, animalesco e senza futuro, un appagamento di un istinto soffocato e spossato dall'innaturalezza del quotidiano esplicarsi della vita nella "società dei consumi", vero bersaglio di Antonioni. La scena finale, con pezzi di benessere che saltano in aria nella mente della protagonista, è la magnifica conclusione per rappresentare la fuga individuale e anarchica, tema tanto caro ad Antonioni. Grazie per queste fughe, dunque, queste catartiche visioni, per aver rappresentato su schermo qualcosa che credo fosse completamente nuovo al Cinema, il nichilismo, la incapacità di comunicare e dunque di amare. Nei prossimi giorni, complice la casa semivuota, farò quello che mi sono sempre ripromessa di fare ma che per la mia solita incostanza e pigrizia non ho fatto, cioè colmare le mie lacune sulla sua filmografia, visto che oltre a Z.P. ho visto solo L'Avventura. Lo consiglio vivamente a tutti.

martedì 24 luglio 2007

Una nuova doc


Rompo il silenzio del blog, che fra l'altro temo che continui perchè sono davvero sotto tono in questi giorni, per annunciare che oggi alle 16 più o meno finalmente il Dott. De Carlo avrà un'erede al trono, perchè la Claudia si laurea!!! Nella foto potete ammirarla insieme alla padrona di codesto blog intente a perdersi nei fumi dell'alcol (notate la bottigliazza piena di non so quale cocktail che viene sorvegliata attentamente dalla mia mano) ad Otranto in una calda serata (ma mica tanto, visto l'abbigliamento...eh, lu vientu!) dell'agosto 2004. Che fu uno dei mesi più freddi dell'anno, aggiungo.
Nel frattempo la mia vacanza a Praga e Budapest sta rischiando di svanire a causa dell'alto costo dei biglietti aerei il cui prezzo nell'ultima settimana si è raddoppiato! Di conseguenza, se scelgo di andarci lo stesso, il che dovrà accadere molto presto, sarò costretta a rinunciare alle mie consuete vacanze infinite in salento e accontentarmi di una settimana o poco più, laggiù. E passare il mio compleanno (che è il 17 agosto, per chi non lo sapesse...ricordatevi!!!) tra aereo e treno di ritorno a perugia. E soprattutto a Perugia, una Perugia che immagino vuota e triste. A meno che qualcuno dei miei amici romani non mi voglia ospitare e festeggiare nella Capitale. O magari a li castelli. Vedremo. Che poi in fondo che c'è da festeggiare? 29 anni non sono da festeggiare, come quando si prendeva 29 anzichè 30 a un esame. 29 è un numero inutile.

Intanto CONGRATULESCION alla Cla, e buona fine luglio a tutti!

venerdì 6 luglio 2007

Accademici

ROMA, 4 LUG - La Lega non partecipa alle celebrazioni per il 200/o anniversario della nascita di Garibaldi al Senato. 'Siamo in lutto perche' l'azione di Garibaldi e dei Savoia hanno fatto il male soprattutto della Padania', ha spiegato il capogruppo della Lega Nord Roberto Calderoli.

Qualche anno fa durante l'esame di costituzionale e comparato, il docente, nel pieno della sua arroganza e strafottenza, mi chiese di parlargli dei partiti. Io chiesi se intendeva che gli parlassi delle norme dei paesi stranieri sui partiti, per esempio della legislazione costituzionale della Germania. Lui rispose"mi dica tutto quello che sa sui partiti, anche italiani". Il che mi parve una domanda idiota, perchè avrei potuto parlare dei partiti sotto qualsiasi profilo. Io puntai sull'articolo della nostra costituzione (non mi ricordo il numero) e sottolineai la necessità che i partiti adottassero il "metodo democratico" per partecipare alla vita politica del Paese. Allora lui m'interruppe e mi chiese, per mettermi in difficoltà: "Possono esistere partiti anti-costituzionali, secondo la nostra costituzione?" Io riflettei un attimo, mi sembrava una domanda trabocchetto. Poi parlai delle disposizioni transitorie e finali, per cui era vietata la ricostituzione del partito fascista. Ma poi aggiunsi "in effetti, di fatto, la nostra costituzione non garantisce un controllo diretto sulla costituzionalità dei partiti. Di fatto possono esistere dei partiti che abbiano come contenuto del programma politico istanze anticostituzionali" Stavo pensando alla Lega, e all'art. 5 che dice che l'italia è una e indivisibile (art. 5 , quindi principi fondamentali). Aprì il mio libretto, si stupì della mia media, e in particolare del 26 a dirito pubblico. "Ma signorina, si rende conto! e la corte costituzionale non la conosce? Guardi, le posso dare un 18" Io gli risposi "se lo tenga, torno a settembre".
Ma dov'è la Corte Costituzionale? A che serve? ad ammettere i referendum? e il garante della costituzione? La realtà è che la democrazia, così com'è adesso, intesa come procedura mediante cui scegliere i governi, può scegliere tranquillamente di diventare antidemocratica. Basta votare un dittatore, che la corte costituzionale (e la magistratura) se la magna.

Ogni tanto, quando sento parlare gli esponenti dela lega, mi chiedo come possa quel professore avermi detto quello che ha detto, e continuare ad essere un professore. e dire che gode di tutta questa stima, e si circonda di gente progressista...

venerdì 29 giugno 2007

Sotto un cielo stellato

Sogna di ricordi che per lei sono impossibili
dando loro vita con soffi di pietosa carità.
Nutre il suo languore con confetti di miracoli
e angustia il suo silenzio quando pensa
"sono la mia specialità".

E scrive, scrive, scrive tutto quanto e non si sbaglia mai,
con la precisione del poeta che non sbaglia mai.
E chi la leggerà
e si innamorerà
sicuro troverà da qualche parte scritto
...

giovedì 28 giugno 2007

Italietta

Sarò breve, non vorrei che la gente pensasse davvero che io abbia sul serio qualcosa da dire più frequentemente di 3-4 volte al mese.



Riflettevo ieri sera sui tg italiani, guardandone uno, mica in generale, di solito non ci penso. Ora, chiedo lumi a Balkano che è del settore, ma già una volta Travaglio fece la mia stessa osservazione: ma perchè, perchè mai la struttura dei telegiornali italiani (tranne in casi in cui ci siano notizie più importanti da dare, come degli tsunami o degli aerei contro dei grattacieli) deve sempre prevedere in prima pagina la notizia più importante di politica interna e poi, con una rilevanza e durata quasi maggiore, il servizio in cui vengono raccolte tutte, dico tutte, le opinioni espresse sulla notizia appena data di almeno un esponente - spesso anche sconosciuto, diciamocelo - di ciascuna forza politica rappresentata in Parlamento? Ma chi se ne importa di cosa pensa Gasparri della leadership del Partito Democratico? Rifletto e penso che per nulla al mondo mi piacerebbe essere un giornalista incaricato di fare quel servizio... Piuttosto preferirei fare lo scopino. Se ci fate caso noterete che in quasi nessuna edizione verrà omesso quel servizio, e in un paese in cui si denuncia la scomparsa dei fatti, in fondo, non bisognerebbe stupirsi tanto. Adesso, io non sono un'esperta di tg stranieri, ma non ricordo nei tg spagnoli servizi del genere, nè personaggi politici che godessero di tutta questa visibilità alla più piccola stronzata che uscisse dalla loro fetida bocca, a parte i leader importanti. Nausea.

Mi sono resa conto di non guardare più i telegiornali, e forse è proprio perchè non danno notizie, ma solo bla bla bla. Inizialmente mi sono sentita un po' in colpa con me stessa, ma poi ho realizzato che il mio organismo se deve sentire delle opinioni forse preferisce leggere degli editoriali. In teoria dovrebbero essere i giornalisti o gli intellettuali ad esprimere delle opinioni sulla poiltica, e non gli stessi politici. Ma qui non siamo mica in America, c'ha ragione Silvio...



Buona giornata mondo

martedì 26 giugno 2007

Cercasi maschi di bella presenza

Dopo aver raggiunto quota 40 commenti immagino che potrò vivere di rendita per i prossimi due mesi. Son soddisfazioni, ora a giro ogni blog avrà una serie di miei commenti gratuiti per sdebitarmi. Intanto, mi rendo conto di essere la donna più disorganizzata della terra. Ma non è colpa mia, i miei genitori sono così, per esempio anche per le vacanze. E io non so organizzare nulla, nè una festa ( ricordo la totale incapacità in occasione della mia festa di laurea, che disastro), nè le vacanze, nè la giornata successiva. Io sono la regina dell'ultimo minuto, per gli esami era cosi e il fatto di fare scienze politiche aiutava molto, studiavo tutto il programma in massimo due settimane per quelli più difficili. Ricordo che spesso speravo che l'appello venisse rimandato di uno o due giorni, perchè la mia preparazione variava significativamente. Presunzione, forse, la mia, di farcela in poco e con poco. E poi dicevo sempre "no, io non ci vado all'esame, mi bocciano". All'inizio lo facevo davvero, infatti il primo anno ho dato solo tre esami, ricordo. Poi ho capito che conveniva sempre andarci, tanto andava bene lo stesso. L'ho detto pure prima di discutere la tesi, e Giovi che mi conosce bene mi ha risposto "ok, va bene, non entrare, ti laurei la prossima sessione". Comunque, io non mi organizzo mai, nemmeno oggi, per esempio. Mi trastullo, ho troppa autonomia col dottorato, avrei bisogno di un capo che mi comandi e mi gratifichi. Ma poi mi ribello ai capi, quasi sempre, quindi dovrei imparare ad organizzarmi. Le vacanze, per esempio. L'anno scorso un certo Marc, companero de piso di Irene a Barcellona, mi chiese "vacaciones, de que?". Voleva dire che visto che non lavoravo non si poteva dire che fossi in vacanza da qualcosa. In effetti vale anche per quest'anno, non è che abbia tutta 'sta smania di farle, a parte la voglia di mare. L'unica cosa dalla quale voglio andare in vacanza sono i miei genitori. Ho bisogno di stare lontana da loro per almeno due settimane. Andrebbe bene dunque rimanere persino a Perugia, se loro partono. Poraccia. Sto pensando che devo trovare un posto in cui stare in Salento che non sia casa dei miei genitori, oppure non andare in Puglia. No, obiettivamente, questa è infattibile. Ce vo quando loro tornano, piuttosto. C'è da aggiungere che qualcosa di buono l'ho combinato, in questi giorni: ho una mia macchina. Mia, e di nessun altro. Quindi potrei partire oggi stesso, senza i miei, da sola da sola da sola alla volta di Calimera. Mi sa che lo farò presto, dopo la laurea della Claudia.

In ogni caso, se fossi un uomo, saprei cosa fare. Mi è arrivata una mail in cui si richiedono maschi di bella presenza per un lavoro da promoter in barca a vela dal 28 luglio al 13 agosto. 1100 euro di guadagno. Più o meno quello che guadagnerà Trippa nella redazione di Roma nell'afa durante il mese di luglio. Poi dice che in questa società non ci sono valori...

martedì 19 giugno 2007

Caldo e scuro


Volevo parlare di qualcosa di un po' più impegnativo, a dire il vero un post di altro tono l'avevo già iniziato. Poi, rileggendo le righe scritte mi si è fatto tutto cosi incredibilmente pesante, con citazioni pese, un po' astruse e mi sono sentita troppo fuori tema. Un blog non può servire a scrivere dei saggi di sociologia o a parlare dei massimi sistemi. Servono altri spazi, dovrei trovarmene altri e sublimare laggiù. Comunque oggi non lo si può fare, e ho voglia di lasciarmi andare. Questo caldo mi fa solo desiderare di essere una lazy sunbather e non pensare a nulla, e accettare quello che è per quello che è. Non sarò polemica per una volta, i vestiti mi si appiccicano addosso, non ce la faccio. Voglio solo S. Foca, che obiettivamente è un posto non bello, se si esclude il mare, che però confrontato agli altri scorci vicini, perde di valore. S. Foca, paesello di pescatori e villeggianti estivi, che prende il nome da un santo la cui processione si celebra il giorno del mio compleanno, è il mio paese. E'brutto non avere radici, davvero. Non sentirsi mai completamente a casa, non avere parenti nè di primo nè di secondo nè di terzo grado nella città in cui si vive, i nonni sepolti tutti lontani, i ricordi dell'infanzia sparsi che svanisono prima perchè non vengono sollecitati a rinnovarsi, sentirsi più soli nelle situazioni difficili, è brutto. Io le radici non ce le ho, non ho un accento mio, cambio continuamente modo di parlare a seconda di chi mi trovo di fronte, come Zelig. Invidio tutti quelli attaccati alla loro terra, c'è qualcosa di romantico in questo. Invidio i perugini che difendono il loro dialetto, per esempio, e le loro sagre. Ecco, allora forse casa per me è S.Foca, più che Perugia, più che Calimera- paese di mia mama a 12 km da lì -, Como- dove sono nata e vissuta fino ai 10 -, Avellino - città di mio padre- .
C'è una foto di mia madre col pancione incinta di me in spiaggia a S. Foca, lì ho imparato a nuotare, lì ho dato il mio primo bacio, lì mi sono innamorata per la prima volta, lì ho passato i momenti più belli della mia adolescenza, tra falò in spiaggia, schitarrate, barbecue,compagnie di 50 persone, partite di calcetto fra donne, ho preparato e bevuto la prima sangria della mia vita, ho fumato la mia prima sigaretta, sono scappata di casa, mi sono ubriacata per la prima volta, ho costruito delle amicizie molto solide che non riesco tanto bene a capire come abbia fatto...sono venute da sole. Lì hanno casa Daniela,Gigi, Irene, Claudia, Nicola, Valentina e tanti altri, bene o male li conosco quasi tutti, gli abitanti estivi di S. Foca, come non conosco invece quelli del mio quartiere di Perugia, chissà perchè... Forse perchè lì riesco finalmente ad alleggerirmi di tutte le mie paturnie, come una sbornia continua, e il sole mi dà allegria e riesco a ballare qualsiasi musica, dal reggae da me odiato alla taranta che in fondo non è poi 'sta gran cosa, via, lo ammetto, se non per il fatto che si tratta di una musica popolare e per questo mi affascina. Mi lascio andare, mi lascio vivere e mi fido, come quando mi lascio cullare dalle onde e non ho paura della profondità del mare. Si nu te scerri mai delle radici ca tieni...


E forse stasera vado di passito gelato al Giardino di bacco, forse. O di porto ghiacciato senza fare polemiche. Oramai sono un' habituè, come farò senza non si sa. Fa troppo caldo per stare in casa e il Pampa merita. ma vedremo. Buona serata tutti


ps. ah, quello in foto è proprio il mare di S. Foca con la tramontana...

lunedì 11 giugno 2007

Débacle

Davvero duri questi colloqui tra i padroni del mondo al G8! Evidentemente i metodi di Putin per raggiungere degli accordi con i suoi interlocutori prevedono la somministrazione i vodka doc...davvero esilarante!

Intanto questo qui ha in mano i destini dell'Europa...

domenica 10 giugno 2007

Il post della domenica



Mi piace questo video, molto. Quindi lo voglio condividere con i miei amici e con tutti quelli che passeranno di qua. E' di una delicatezza commovente, come la canzone, del resto. Inoltre, se ho capito che da questo blog passa gente che non m'aspettavo, è un modo per far conoscere i Perturbazione a chi ancora non ne sa nulla di loro. Primi due album (In Circolo e Canzoni allo Specchio) molto belli, ultimo "pianissimo fortissimo" un po' deludente (non me ne voglia il Meuri), perchè oltre ad un paio di belle canzoni mi sembra di poter dire che faccia da ottimo sottofondo prima di addormentarsi. Ma potrei ricredermi, lo faccio spesso. Anche perchè oramai, dopo averci parlato l'anno scorso alla Darsena, sono mezza infatuata di Tommaso, mi ricorda un po' Olivier con quegli occhioni. Quindi al concerto di Umbertide di Rockin Umbria andrò determinata a riparlarci, quantomeno. Sarò molto brilla, immagino già.

Non ho molto altro da aggiungere, se non che ho appena sentito una Francesca da Parigi in ottima forma, ha riso molto spesso al telefono e questo mi rende felice.

Ah, no! Ho da aggiungere che pretendo che qualcuno venga a vedere Patti Smith con me (anche se la brizzli è già stata precettata al 90%), e di organizzarci perchè c'ho troppa voglia; e poi, come mi ha rivelato Giovi ieri, c'è solo l'imbarazzo della scelta per le date: il tour italiano durerà tre settimane per ben 15 date!! assolutamente incredibile, sarà in tanti luoghi fra cui Misano Adriatico, Roma, Pistoia, e perfino Roseto degli Abruzzi (!), spero solo che non si tratti di concerti-sola! anche perchè la cara Patti ha una certa età...

A bientot

mercoledì 30 maggio 2007

Manifesto\5

A proposito di destino, autodeterminazione, volontà, sforzo e ragione...

"Ma una tale vertigine non reggeva davanti alla ragione. E' vero che la parola "peste" era stata pronunciata, è vero che in quello stesso minuto il flagello scuoteva o abbatteva una o due vittime. Ma, insomma, lo si poteva fermare. Quello che bisognava fare era riconoscere chiaramente quello che doveva essere riconosciuto, cacciare infine le ombre inutili e prendere le misure necessarie. Poi la peste si sarebbe fermata, in quanto la peste non la si concepiva o la si concepiva falsamente. Se si fermava, ed era la cosa più probabile, tutto sarebbe andato bene. Nel caso contrario, si sarebbe saputo che cosa fosse, e se non vi fosse modo di adattarvisi prima per vincerla poi.
Il dottore aprì la finestra, il brusio della città si accrebbe all'improvviso. Da un'officina poco distante saliva il sibilo breve e ripetuto d'una sega meccanica, Rieux si scosse: là era la certezza, nel lavoro d'ogni giorno. Il resto era appeso a fili e a movimenti insignificanti, non ci si poteva fermare. L'essenziale era far bene il proprio mestiere"

Albert Camus, La Peste, 1947

lunedì 28 maggio 2007

Io non sono un Homo oeconomicus

Qualche giorno fa squilla il telefono di casa nel primo pomeriggio. Naturalmente devo rispondere io, visto che a casa mia il trillo del telefono invece di avvicinare la gente all'apparecchio sortisce incredibilmente l'effetto inverso. E' fastweb, l'ennesima offerta telefonica fenomenale. Io non sento la necessità di cambiare operatore telefonico, ma la signorina per niente cortese dall'altro capo della cornetta mi chiede fastidiosamente i dettagli delle mia spese telefoniche. "Quanto spende, signora, con la telecom?" Purtroppo i miei genitori mi hanno fornito di un'educazione cattolica da "porgi-sempre-l'altra-guancia" e quindi io reprimo il mio istinto bestiale di mandarla affanculo. Vorrei dirle di farsi i cazzi suoi, e poi io non sono signora, ma invece le riferisco che spendo solo 99 euro ogni due mesi. A questo punto mi aspetto che la tizia mi dica che in fondo non è tanto, ma che comunque ha un'offerta migliore da farmi. Invece no, lei con una voce stridula e sguaiata da shampista di periferia - e poi distinguo chiaramente che sta ciancicando una gomma - mi dice che pago tantissimo e che lei mi dà tutto il superpacchetto per soli 32 euri al mese. Io le rispondo che sono solo 30 euro di differenza e che poi devo aspettare la disdetta dalla telecom, da alice, e che non mi va di aspettare, etc., e lei mi dice "ma signora, sono 30 euro! ci compra un paio di scarpe".

Un paio di scarpe. A parte il fatto che non è proprio vero, non so dove si serve sta tizia, ma io le ultime scarpe che ho acquistato le ho pagate 49 euri e mi sembrava comunque un buon prezzo; ma poniamo che sia davvero cosi, e se io non me lo voglio comprare queste scarpe? Io rispondo gentilmente che non m'interessa, a quel punto il tono della voce della tipa si fa aggressivo, direi quasi indignato, si. E'indignata, sembrerebbe che io sia una scialaquatrice di risorse, sembrerebbe che sia io la responsabile della fame nel mondo, vedo già Bob Geldof proiettare la mia foto sul maxischermo del prossimo Live Aid, o Live 8, o come si chiamerà il prossimo, e indicare il mio stile di vita come quello tipico della ragazzucola occidentale che spreca i propri soldi. E' davvero indignata e mi ripete "ma signora, un paio di scarpe!!!". Io adesso sono incazzata e le dico che a me la telecom mi sta simpatica, mentre fastweb la odio, sarà Valentino Rossi, sarà che si sentono fighi, sarà che uno che lavora pr Fastweb lo conosco e non si è comportato proprio bene, ecco io ho deciso senza alcuna razionalità di regalare 30 euro alla Telecom anzichè andarmi a comprare un nuovo paio di scarpe.
Ecco. Ho deciso io, e non qualcosa di divino a cui mi devo piegare che è questa famosa razionalità, il dio dell'uomo, il confronto costi-benefici, come diceva il mio libro di Economia Politica, micro, per l'esattezza. Robert Frank sosteneva, ricordo, che l'uomo è per sua natura razionale e compie delle scelte in base al criterio costi-benefici; tra due alternative ognuno di noi attribuisce una sorta di prezzo alle opzioni e poi passa a dare una valutazione in termini di denaro del beneficio che ne deriva: poi fa un confronto e decide. Questa cosa mi lasciò molto perplessa, non mi convinceva. In fondo cosi io non decido mai. A meno che non attribuisca un grande valore (la simpatia per la telecom) a qualcosa che "normalmente" non l'avrebbe. Ma chi decide che cosa ha valore? Io o qualcun altro? Sicuramente il professor Bollino mi avrebbe bocciata se io avessi risolto un problema di economia come ho deciso per fastweb, perchè un economista si aspetta, prevede, sa che la maggior parte della gente vorrà comprarsi un paio di scarpe.
Ma non perchè la gente è razionale, e io no. Questo non c'entra, mio caro Bollino (che fra l'altro voleva arruolarmi nel suo dipartimento...e non solo lui, anche la professoressa di Politica Economica: e quando io le ho risposto che avevo già scelto l'indirizzo storico, mi ha detto "Ma che ci va a fare?? Non serve a niente!" Eh già, devo essere apparsa come una scialaquatrice di razionalità)
La razionalità e la sua supposta naturalità non esiste, è solo un modo per "divinizzare" assolutizzare qualcosa che assoluto non è. Non siamo macchine, non siamo insetti, noi scegliamo. E scegliamo sulla base di valori, priorità. Ma con la favola della razionalità ci siamo dimenticati di poterlo fare. A meno che non ridiamo un significato diverso a un concetto vuoto, di metodo, come quello della razionalità e la smettiamo di confonderlo con quello di "agire secondo criteri di valori correnti". Ma per farlo bisogna smetterla di agire automaticamente, e pensare a COME si agisce, a costo di fare la figura di quelli poco svegli, che non agiscono subito, che non sanno subito cosa fare come se agiscano in risposta a uno stimolo. Stimolo-risposta, stimolo-risposta; questo lo fanno gli animali. Il che è molto più costoso, faticoso: è facile sapere cosa fare, cosa si vuole, quando non si sceglie, quando si segue un tragitto non creativo, retto, come un treno su di un binario. Al massimo puoi scegliere fra le stazioni di arrivo, ma non inventartene qualcuna nuova.

"Consideriamo vero ed evidente ciò che in realtà è stato costruito in un determinato momento della storia, sicchè quella presunta evidenza può essere sottoposta a critica e distrutta": questo lo diceva uno studioso di Foucault per decsrivere il suo concetto di episteme; e a me piace molto, ve lo lascio come chiosa dei miei deliri notturni, per ricordarmi che la storia c'insegna che la verità non esiste....anche se gli uomini hanno tanto bisogno di binari prefissati su cui muoversi senza chiedersi chi l'abbia mai costruiti. Tra tante costruzioni, perchè accontentarsi di questa schifezza dell'Homo Oeconomicus?

Sto diventando pericolosamente reazionaria, lo so
Buenas noches a todo el mundo

giovedì 24 maggio 2007

Ne ho viste cinque


Va bene, Berlusconi proprio non si poteva vedere, a circa un'ora dall'inizio della partita l'ho sentito usare ai microfoni del tg3 il "suo" milan in funzione politica, come se i successi dei rossoneri possano davvero testimoniare la sua grandezza politica o imprenditoriale. Questo mi ha fatto sgonfiare di tutto il già minimo entusiasmo che avevo nell'accingermi a guardare la partita. Stanca, spossata, dopo un'intera giornata in biblioteca e in dipartimento, non so esattamente perchè, ma non me ne fregava nulla. Mi capita spesso ultimamente nei confronti del calcio, una mancanza totale d'interesse, iniziata in effetti già con la fine dell'età puerile, che a volte viene ridestata o dall'arroganza intollerabile del mio fratellone juventino, o dall'agone degli scontri diretti importanti, o dalla bellezza del gioco in sè. Per questo, d'altronde, all'età di 10 anni, ho iniziato a tifare Milan: come si poteva non farlo? Una grande, straordinaria squadra formata da giocatori eccezionali e fornita di un gioco spettacolare; e poi lui, uno dei calciatori più forti degli ultimi vent'anni, Marco Van Basten, bello, umile, sfortunato: ricordo le sue lacrime il giorno del suo addio al calcio, mi sono intenerita e commossa. Così, due anni fa, mi sono messa a tifare la mia vecchia squadra durante la finale di Champions, perchè mi piaceva, mi esaltava, perchè mi ricordava di quando ero piccola e maschiaccia e ascoltavo le partite alla radio tra mio papà e lo Stefano. Due anni fa giocò benissimo, e si strameritava la Coppa... e invece il giorno dopo chiunque mi incontrasse dei miei amici maschi non perdeva l'occasione di sfottermi, invece di essere dispaiciuto per il calcio. Anzi, qualcuno parlava addirittura dell'esistenza di un Dio del calcio, per non parlare di chi mi ronzava nelle orecchie, sconosciuto, l'inno del Liverpool.
Va bene, ieri praticamente non ho tifato, la squadra non mi è piaciuta, ho esultato pochissimo, ma evidentemente questo famoso Dio del calcio doveva fare giustizia di una Coppa immeritata caduta nelle mani dei "Reds" due anni fa. E quindi, cari gufi che non sapete nemmeno cosa voglia dire giocare una finale di Champions League, quest'anno la canto io... AND YOU'LL NEVER WALK ALONE....
Dispiace solo che il piccolo Sheva non abbia potuto alzare una coppa che era sua di diritto
Aggiungo che preferisco mille volte vincere la Coppa dei Campioni che lo scudetto; mi piacciono le imprese epiche e gli scontri diretti, ma de gustibus...
A presto

mercoledì 23 maggio 2007

Impopolare

Non ho molto da dire, se non che anche io incrocierò le dita stasera, sebbene per motivi inversi rispetto ai 3/4 della popolazione italiana. é più forte di me, io tifo milan, un po' come la Nazionale, anche se non vi sono motivi razionali per farlo; ma del resto una finale di champions è solo un modo per tornare bambini e rincoglionirsi. Un modo in fondo sano, e quindi ringrazio la mia squadra per avermi dato la possibilità di farlo più e più volte nell'arco della mia vita, ancorchè giovane. Da Barcellona 1989, la splendida finale contro la Steaua Bucarest, durante la quale m'innamorai definitivamente di Van Basten, fino ad Atene questa sera, se non erro ne ho vissute ben 8. E spero che Atene porti fortuna come quella sera in cui abbiamo distrutto il "grande" Barcellona (era il 94? boh, non ricordo..). E Barcellona che torna, torna...

Allora, divertiamoci un po'.

domenica 6 maggio 2007

Jordi rules


Jordi arrivò nel settembre 2005 avvolto in un lenzuolino bianco. Più che a un gatto somigliava a un topo. Arrivò grazie alla Brizzli che, toccata a compassione per il mio lutto per Romeeo, decise di adoprarsi per colmare di nuovo la vacuità del mio cuore felino. Ciò avvenne esattamente un anno dopo la precoce scomparsa del mio primo micio razza europea che non tornò più a casa dopo l'ennesima fuga verso allentanti gatte sempre più lontane (era un gatto enorme e molto prestante, sicuramente il dominatore della zona); quell'anno senza gatti coincise inspiegabilmente (?) con il periodo di più numerose conquiste da parte mia... dovrei forse eliminarli? Comunque, Jordi - nome in effetti non troppo fantasioso, ma io e la creatività non siamo proprio compagne - fu annunciato come un gattino un po' sfortunato: unico superstite di tre gattini trovati vicino al Pam e raccolti dalla veterinaria di S. Marco, madre morta sotto una macchina, quindi non svezzato; già portatore di un'infezione che necessitava di antibiotici; insofferente alla luce e ai rumori (mi dissero "no, la cuccetta non la mettere in sala, i rumori della televisione lo spaventano") era talmente piccolo e denutrito che dovetti lasciare un avviso affisso alla porta d'entrata per lo Stèfano (mio fratello) in cui gli chiedevo di fare attenzione affinchè non lo pestasse. La notte s'infilava nel mio letto e mi dormiva accanto alla faccia, facendomi tante dolcissime fusa. Ora è cresciuto, ma è pieno di fobie: non riesce ad uscire di casa, si spaventa alla presenza di estranei e corre a nascondersi, e il poverino non ha nessuna intenzione di andare a gatte, nonostante io non l'abbia sterilizzato. Ho cercato in tutti i modi di farlo uscire, portandolo sotto casa con la gabbia e aprendo la porticina una volta in mezzo alla natura: niente, lui è tornato al portone di casa rannicchiato sulle sue zampette strisciando lungo i muri. Ho addirittura temuto che rimanesse stecchito da un colpo al cuore, tremava! Ora non mi rimane altro che sterizzarlo, dice. A me dispiace privarlo così del piacere della vita, ma dicono che soffra ancora di più se non lo castro. Povero micio, che mentre vi scrivo è salito sulla scrivania e mi slinguazza sulla guancia... C'è forse qualcosa di morboso in tutto ciò? vabbè, via, pure io sono felina essendo del Leone. Concedetemi qualche innocua leggerezza, sono una donna in fondo. La prossima volta inserirò l'oroscopo di Paolo Fox...
Ma guardate quanto è carino! Io adoro i gatti, esseri superiori, sensuali e strafottenti.
Grazie all Brizzli, dunque. E saluti a tutti voi
Miaoooooooo

venerdì 4 maggio 2007

Agrupemonos todos en la lucha final

VISTI DAGLI ALTRI

L'ultima svolta.
La falce e il martello giacevano impolverati da tempo nelle soffitte nell'ex Pci. Dopo il congresso dei Democratici disinistra (Ds), che si è svolto dal 19 al 21 aprile aFirenze, gli eredi di Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer hanno messo via anche la bandiera rossa e l'Internazionale. La scenografia della sala dove si sono radunati i 1.500delegati Ds tendeva all'arancione, il colore delle rivoluzioni di questi tempi. L'evento si è chiuso sulle note di una canzonetta, "Il cielo è sempre più blu". È l'ultima svolta: non resta più nessuna traccia, né nei simboli né nelle parole, del passato comunista. Approvando la dissoluzione del partito e la sua fusione con laMargherita, un movimento d'ispirazione democratico-cristiana, per formare il nuovo Partito democratico, i Ds hanno chiuso definitivamente un'esperienza storica cominciata nel 1921 a Livorno.

Le Monde, Francia (da Internazionale-Prima Pagina di oggi)

...e anche da ben prima, da Genova nel 1892. Il comunismo non può e non deve fagocitare tutto il movimento operaio e dei lavoratori in genere. La falce e il martello erano i simboli del lavoro di allora. Stracciandoli senza sostituirli con altri altrettanto significativi si vuole stracciare delle istanze sociali che da qualcuno devono pure essere rappresentate. E allora vediamo domani che succede con questa Sinistra democratica per il socialismo europeo... e speramo bene. Mentre Berlusconi ci ricorda che qui non siamo negli Stati Uniti e che le cose funzionano diversamente. Mentre Moratti sposta i festeggiamenti per lo scudetto della sua Internazionale dal 22 al 27 maggio, temendo di essere oscurato da un trionfo del Milan in Champions come 18 anni fa(che tristezza, poracci). Mentre il Milan insegna il calcio al Manchester, e batte la Roma 21-1, e l'Inter 63-1, secondo una certa logica. Mentre...... alè alè Segò alè.

...el genero humano es la Internacional...

kisses

martedì 24 aprile 2007

Come muore un italiano

31 gennaio 1945

Edda

voglio scriverti queste mie ultime, e poche righe. Edda, purtroppo sono le ultime si, il destino vuole così, spero ti giungano di conforto in tanta triste sventura.
Edda, mi hanno condannato alla morte, mi uccidono; però uccidono il mio corpo non l'idea che c'è in me. Muoio, muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una causa, per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano anzi sia di aiuto nella grande lotta. Di quella causa che fino a oggi ho servito senza nulla chiedere e sempre sperando che un giorno ogni sacrificio abbia il suo ricompenso. Per me la migliore ricompensa era quella di vedere fiorire l'idea che purtroppo per poco ho servito, ma sempre fedelmente.

Edda il destino ci separa, il destino uccide il nostro amore quell'amore che io nutrivo per te e che aspettava quel giorno che ci faceva felici per sempre. Edda, abbi sempre un ricordo di chi ti ha sempre sinceramente amato. Addio a tutti.

Addio Edda

Bruno Frittaion (Attilio)

di anni 19, studente, nato ad Udine. Dopo l'8 settembre 43 abbandona la scuola unendosi alle formazioni partigiane.
Uno, per ricordare tutti quelli che hanno avuto un coraggio che non mi so nemmeno immaginare.

ps. consiglio a tutti di leggere un libro molto interessante sulle memoria pubblica collettiva del 25 aprile (e non solo) : "La guerra della memoria: la resistenza nel dibattito politico italiano dal 1945 a oggi" di Filippo Focardi, edito da Laterza, uscito solo 2 anni fa, quindi aggiornato alle odiose richieste di "parificazione"degli ultimi 15 anni...

Buon 25 aprile a tutti, miei cari!

mercoledì 18 aprile 2007

Manifesto\4

Oggi pensavo a questa canzone, nel sole del percorso verde dell'una. Mi è tornata in mente nello stesso luogo in cui mi trovavo nel luglio del 1994 poche ore prima della finale dei mondiali (quindi dovrei supporre che fosse il 17). Ero con le mie amiche -grandissime amiche- di allora, l'Anna e l'Ascione. Che poi l'Anna l'ho rivista in centro il sabato di pasqua, non la vedevo da anni, ormai fissa a Milano nella sua carriera da consulente del lavoro, o giù di lì, che non ci capisco mai niente qualndo me lo spiega. Comunque ha a che fare con aziende e avvocati, e chi se lo aspettava da lei. E l'Elisa (che ai tempi era semplicemente Asciò, o Ascio-hashish) l'ho ritrovata in biblioteca, pochi giorni prima del mio esame di dottorato, pochi giorni dopo la sua laurea italiana, presa ad integrare l'altra ottenuta a Londra. Pochi giorni dopo il suo esame di dottorato, lo stesso in cui ha saputo di aver vinto la borsa. Ci siamo fumate una sigaretta insieme, come ai vecchi tempi, i tempi del bagno del terzo piano del Mariotti intasato di fumo e di chiacchiere, chiacchiere che ci facevano sentire delle donne fatte. Non penso che sia stato un caso averla trovata lì quel giorno, perchè è riuscita ad incoraggiarmi con la sua semplice testimonianza.
Ho divagato, come sempre.
Loro erano le mie più care amiche, quella era l'estate del 94, io uscivo tutti i giorni verso le 4 con il mio sì verde bottiglia percorrevo strade ormai cambiate verso il centro, e lì mi piazzavo fino all'ora di cena con l'Anna. Stavamo sempre sedute al Pds, per diversificarci da quelli del portone, o forse perchè non avevamo il coraggio di sederci fra di loro, anche se dopo poco siamo state risucchiate da loro; ci sembravano "grungissimi"...termine idiota che usavamo indistintamente per definire i freghi carini o le zecche zellose, che ci piacevano tanto. Poi giravamo fingendo di essere lesbiche o comunque con una birra in mano sempre ben in vista: eravamo davvero convinte di essere provocatorie, come delle rockstar. Quell'estate lì infatti ci mettemmo in testa di formare il primo gruppo di riot grrrls perugino, poracce. Davvero patetico. Io alla voce e chitarra, Ascio alla batteria e Anna alla chitarra. Il basso non credo fosse contemplato, o forse c'era l'idea di coinvolgere un maschio, ma non ricordo. La prima prova avvenne proprio al percorso verde, nel giorno suddetto. E in quei giorni io tentavo di rifare con la mia chitarra il riff iniziale di questa grandiosa canzone dei Sonic Youth...quanto me piaceva...quanto mi piace anche adesso, troppo tempo che non la riascolto...ma quant'ero scema...però mi divertivo parecchio.
Ecco a voi un altro pezzo di me

10, 20, 30, 40
tell me that you wanna hold me
tell me that you wanna bore me
tell me that you gotta show me
tell me that you need to slowly
tell me that you're burning for me
tell me that you can't afford me
time to tell your dirty story
time for turning
over and over
time for turning
four leaf clover

betting on the bull in the heather

10, 20, 30, 40
tell me that you wanna scold me
tell me that you a-dore me
tell me that you're famous for me
tell me that you're gonna score me
tell me that you gotta show me
tell me that you need to sorely
time to tell
your love story time
for turning
over and over
time for turning
four leaf clover

betting on the bull in the heather

(Bull in the heather)

mercoledì 11 aprile 2007

Ballata per un uomo buono

Lunedì sera ho visto “Le vite degli altri”, di Florian Henckel von Donnersmarck (regista e sceneggiatore, prima d’ora assolutamente sconosciuto). Non sono un’esperta di cinema, quindi lungi da me farne una recensione. Ma mi ha fatto uscire dal cinema con quella bella sensazione di pienezza che non provavo da un po’ dopo un film, quando senti che qualcuno da qualche parte nel mondo ha rappresentato al posto tuo i tuoi pensieri, e lo ha fatto in maniera magistrale. È questo in fondo ciò che mi piace dell’arte, la capacità di comunicare e interpretare le sensibilità delle persone a livelli alti e sublimi. Non c’è bisogno di troppe parole per spiegare quello che si vuol dire, soffermandosi minuziosamente su singoli questioni, sviscerandole, dibattendole, col rischio di perdersi nelle sottigliezze verbali. C’è una sorta di immediatezza inspiegabile nell’arte. Un bel film, per esempio, arriva subito al cuore del discorso, senza che il pubblico sia necessariamente capace di cogliere tecnicismi o sottigliezze. Basta qualche battuta, un dialogo scarno, un’espressione particolarmente calibrata dell’attore, e il gioco è fatto.

Così è successo ieri. La DDR ai tempi di Honecker è stata rappresentata in maniera molto efficace, almeno per quel che riguardava l’oggetto del film, il controllo spionistico della Stasi; in particolare, delle vite del drammaturgo Georg Dreyman, della sua fidanzata e attrice, del suo circolo culturale sottilmente ostile al regime, ma non al socialismo (di cui nel film non vi è una condanna, ma lo sguardo obiettivo di chi non se ne vuole disfare: la Germania dell’est non è qualcosa da ghettizzare, ma da recuperare come appartenenza della nazione, ma anche della stessa Europa “civilizzata”), ragione per la quale nessuno di loro decide di fuggire oltre il muro. La bellissima figura del suo amico ed ex-regista dei suoi drammi, Jerska, relegato ai margini dello stesso circolo di intellettuali perché colpito dal “divieto di lavoro”, considerato ormai da tutti “una nullità” solo perché incapace di rimanere sordo ai richiami della propria coscienza e di piegarsi al potere disumano, burocratico, razionale e cialtrone dei vertici del partito. Si chiamano tra di loro, i frustrati ciccioni del potere, “compagni”: compagno ministro, compagno capitano, compagno tenente, ma sono in tutto e per tutto uguali ai “signori”, potenti di qualsiasi altro stato al di qua della cortina. È lui, l’emarginato Jerska, che regala al suo amico scrittore lo spartito di una sonata per pianoforte, “Ballata per un uomo buono”. E sarà questa la ricompensa morale per essersi distinti e aver smesso di essere “cattivi”, come gli uomini della Stasi vengono chiamati dalla gente comune, e dai bambini che giocano a pallone in strada. Il finale un po’ forzato era d’altronde inevitabile per poter concludere la storia sottolineando la gratitudine per l’eroicità di gesti altrimenti invisibili. È la solitudine – non solo, ma soprattutto per i tipi “creativo-antropocentrici”- che porta alla disperazione; la solitudine “morale” di chi non riesce più a vedere l’utilità delle proprie posizioni, perché solitarie. Per questo era necessario il finale, nel quale fra l’altro ha luogo uno scambio di battute molto azzeccato fra lo scrittore Dreyman e l’ex compagno ministro alla cultura, che più o meno dice “Le manca la nostra DDR, vero? Era così bella…lì lei sapeva benissimo a cosa opporsi, mentre nella Repubblica Federale non c’è proprio più niente contro cui lottare”. Geniale.
Altra frase mitica: "Le persone non cambiano così facilmente, succede solo nelle commedie".
A metà del film, la Fra ci ha rivelato che anche suo zio che viveva lassù fu controllato dalla Stasi; niente di che, intendiamoci, solo un rapporto sul tipo di persona che era, sulla sua condotta morale e sulla vita che svolgeva; il rapporto glielo hanno fatto pervenire qualche anno fa: una brava persona sembrava, secondo gli agenti. Mi ha provocato una strana sensazione.
Tanto altro mi è piaciuto, ma ora basta. Andatelo a vedere, se potete.

Hasta pronto, blog permettendo

giovedì 5 aprile 2007

Le conseguenze del nervoso

Torno ad usare attivamente il mio blog, e lo faccio per la prima volta dallo studiolo che il dipartimento di scienze storiche gentilmente concede ai suoi dottorandi. Mi sento un po' ladra, in questo momento. E anche spaurita, vista la compagnia forzata di una vespa gigante, che non oso disturbare, ma che spero presto prenderà la via della fuga all'aria aperta. Ma non posso fare altrimenti, nel senso che da casa il mio blog è inaccessibile. Evidentemente il nervosismo dell'altra sera ha fatto più danni di quelli ragionevolmente prevedibili e il mio antivirus per qualche strano motivo ha deciso di non caricarsi più, nè automaticamente nè manualmente. Per la qual cosa, immagino, blogspot non mi dà la possibilità nè di commentare nè di governare il mio piccolo mondo di parole. E dire che c'avevo proprio voglia di scrivere, mannaggia. Magari è stato il destino a farmi evitare di rendere pubbliche ulteriori stronzate, ma tant'è.
Ora sono di nuovo io che gestisco il divenire, qui tutto dipende da me, e ho deciso che sarò leggera leggera. Innanzitutto, grazie al meuri pei cd, soprattutto la seconda parte è meravigliosa, con crazy mary-alive-black-state of love and trust. Io uso queste per stare meglio, soprattutto l'ultima e rockin'in a free world, mi mettono una grinta! Better man un po' mi intristisce, invece. Son gusti.
Poi. Programmi per il fin de semana santa. Le mie amiche sono tutte cattoliche, e non escono, soprattutto il sabato, come al solito. Come quando andai da sola - o quasi- a vedere i Modena City Ramblers (che a quei tempi ci piacevano parecchio). Io ho fatto un mezzo pensierino al Norman, perchè è tanto che non ci torno, e perchè qualcuno o qualcosa mi ha detto che c'è la serata dark-newwave-anni80 et similia in sala grande. Chi me ce viene? E poi, cinema? Proposte per bei film? Per pasquetta c'è una proposta pic-nic da parte della fra, ma ancora non ho deciso nemmeno se farò qualcosa...
Comunque, scappamo, scappamo in Spagna. E portamoce anche il meuri, però.
Ora vi lascio, che ho compagnia e forse serve il computer.

E all'anonimo dei numeri, molteplici baci, che il suo numero, dopo averlo riletto nell'agendina in cui lo scrisse di suo pugno, mi ha fatto venire ancora di più il nervoso...

lunedì 2 aprile 2007

Inevitabilmente

Oggi sono nervosa. Nervosissima, elettrica.
Sarà perchè in questa camera non c'è una sedia, e io sono praticamente seduta per terra col portatile sulle gambe. E nella mia camera, e sottolineo mia, c'è una confusione infernale, nonostante io prima di uscire avessi ordinato tutto. Tutti i miei vestiti sul letto, e non riuscivo a trovare il modo di appendere la mia giacca di pelle, non c'era più la sua stampella. Ci tengo, io, alla mia giacca, non deve essere buttata dove capita...
Forse è perchè non prendo un verso preciso, in certi giorni. Mille cose per la testa e niente che vada a buon fine. Per esempio adesso si sono aperte di continuo 20 finestre del norton che mi chiedevano sempre la stessa cosa, e io ho risposto sempre la stessa cosa, ma loro hanno continuato ad aprirsi, senza motivo, per una cosa del tutto priva di interesse.
Devo ricominciare daccapo la ricerca, ora. Devo scoprire esattamente cos'è questo "Corriere degli italiani", ma non ne sono convinta. Non mi va, oggi. Perchè il docente che mi ha suggerito di occuparmene non sapeva bene nemmeno lui cosa fosse. Forse dovrei essere comunque contenta, in fondo è qualcosa di nuovo, sconosciuto, un lavoro originale sull'antifascismo. Invece no, oggi no, non me ne importa nulla.
Sarà che è tanto che non aggiorno il blog, e oggi non dovrei proprio farlo, per non rischiare di buttarla troppo sul peronale, che poi c'è gente che legge curiosa, solo per curiosità, ed è un po' perverso come meccanismo. Gente che non pensavo leggesse, e invece poi legge. Gente che non esiste nella mia vita, ma per la quale in piccola parte io esisto se mi leggono. Nel trambusto di questi giorni a casa mia, ho ritrovato vecchi quaderni del liceo. Avevo l'abitudine in 5 ginnasio di scrivere un diario pubblico. scrivevo le mie stronzate e le facevo leggere a tutti, e chiunque poteva commentare, scrivere a sua volta. Non era la classica smemo, ma un quaderno in cui scrivevo delle specie di lettere. Ho pensato, no il blog non può trasformarsi in questo, piuttosto non scrivo più. Invece no, sto scrivendo le mie stronzate anche qui. Nervoso.
Sarà che mi sono resa conto di non ricordare più il numero di casa di uno dei miei amici più cari. Un numero che facevo continuamente ad occhi chiusi, molto spesso, spessissimo. Una scoperta triste. Allora al nervosismo si è accompagnata la sensazione malinconica che le cose cambiano, inevitabilmente. E non dovrebbe essere un brutto pensiero, a pensarci bene; in fondo dovrebbe sollevare chi si sente esattamente come me oggi. Invece no, la piega dei miei pensieri è troppo negativa, oggi, e penso che le cose cambiano, soprattutto quelle che non vorresti cambiassero mai.
Allora iniziano una serie di pensieri assurdi che non riesco a controllare...
Sarà, sarà.
Sarà perchè sono una donna, e si sa in certi giorni non mi si può prendere. Lo dice anche la pubblicità. Gli ormoni impazziscono e che ci posso fare. Se piango in certi giorni è solo perchè è inevitabile, sono una donna, questo non lo posso controllare, mi ci devo rassegnare.
Ora vado a cenare, che ancora non l'ho fatto, per evitare di litigare con chiunque trovi davanti ai miei occhi
Suvvia, almeno ho riaggiornato il blog...

mercoledì 21 marzo 2007

Revisionismo e ricerca storica

Ho trovato in rete quest'articolo molto interessante di un docente, prof. Angelo D'Orsi, del quale mi ha parlato molto bene una mia collega dottoranda. Ogni tanto capita alle riunioni, dice. Speriamo, mi sembra davvero in gamba. Volevo parlare di revisionismo, ma credo che sia meglio far parlare qualcuno che davvero se ne intende. Da notare che il prof. Melograni di cui parla era nostro docente a scienze politche, momentaneamente sostituito da Biocca, suo allievo (e non a caso l'affare Silone...), perchè oramai impegnato in politica fra le file di Forza Italia. Io ho dovuto leggere un suo libro agghiacciante, "La modernità e i suoi nemici" in cui faceva il panegirico di tutte le migliorie apportate dalla rivoluzione industrial-capitalista....brrrr

Sì, sembrerà lungo vista l'impaginazione del blog, ma ne vale la pena....

"Rovescismo, fase suprema del revisionismo"

Chi sospetta che le ambizioni del giornalista Pansa siano di tipo politico, può ritenersi accontentato, sia pure col beneficio del dubbio: il «caso» è diventato un problema di ordine pubblico, dopo gli insulti e le baruffe a Reggio Emilia tra giovani di sinistra che contestavano Pansa e giovani di destra che ne prendevano le parti e intervento finale della polizia. Sarebbe tuttavia un errore isolare Pansa: ormai si deve parlare di tutta una categoria di «rovistatori» della Resistenza, che grattano il fondo del barile per vedere dove si annidi (eventualmente) il marcio, e anche se non c'è, lo si inventa, lo si amplifica, e lo si sbatte in prima pagina. Che questa operazione sia fatta senza alcun criterio storico, senza le cautele minime di qualsivoglia studioso, poco importa. Se gli autori di libri di tal fatta, vendono, troveranno editori disposti a scommettere su di loro, media pronti a parlarne (e come si fa a non parlarne?), e un pubblico via via più incuriosito.
Una categoria inesauribile
Ma anche i rovistatori della Resistenza rientrano in una categoria più ampia, che sembra inesauribile e dalla quale ci dobbiamo aspettare altre puntate, sempre più clamorose. Noi sappiamo bene che esiste una differenza essenziale tra la revisione, momento irrinunciabile del lavoro del ricercatore storico, e il revisionismo, che possiamo definire come l'ideologia e la pratica della revisione programmatica. Se l'una ha un valore eminentemente storiografico, l'altro si colloca in un ambito sostanzialmente politico: qual è infatti il compito dello storico? Quello, nobile e problematico, di accertare la verità dei fatti, sulla base dei documenti («pas de documents, pas d'histoire»: senza documenti non c'è storia, ci ha insegnato la grande tradizione metodologica francese). I documenti vanno opportunamente trattati, onde accertarne l'autenticità, la provenienza e la veridicità (esistono documenti autentici che raccontano frottole e documenti falsi che dicono verità), opportunamente «interrogati» e «sollecitati» (consiglio al riguardo ai sedicenti «storici» dalle trecentomila copie, la lettura dell'ultimo libro di Carlo Ginzburg: Il filo e le tracce), e infine interpretati. In tal modo, sulla base della scoperta di nuove fonti - documenti fino ad allora sconosciuti - o del perfezionamento di tecniche di ricerca, o dell'emergere di sensibilità nuove, si procede a quell'incessante lavoro di «revisione», che è anima del lavoro storiografico. La conoscenza che così si può raggiungere è il prodotto collettivo di individui singoli e di intere generazioni; tutti coloro che fanno ricerca possono portare i loro mattoni a questo edificio, correggendo, integrando il già costruito, o facendo salire il livello della costruzione, piano dopo piano.
Comiche rivelazioni
Ma il revisionismo vuole invece pregiudizialmente «rivedere», possibilmente in modo drastico, le conoscenze acquisite, partendo dal presupposto che quello che abbiamo appreso finora siano «bugie»: sintomatico in tal senso il titolo dell'ultimo Pansa (La grande bugia) o quello del recente pamphlet di Melograni (Le bugie della storia), nel quale apprendiamo una serie di comiche «rivelazioni» partorite tutte dalla fertile inventiva dell'autore: da Marx che «ignorava il mondo del lavoro» a Hitler che «non voleva la guerra». Con questi due esempi - non sono certo gli unici - siamo oltre il revisionismo: siamo in pieno «rovescismo». Che può essere definito come la fase suprema del revisionismo stesso. Volete assicurarvi il successo in un pubblico vasto e ingenuamente appassionato di storia? Bene. Basta prendere un fatto noto, almeno nelle sue grandi linee, un personaggio importante, un episodio che ha costituito un momento variamente epocale…
I comunisti menzogneri
Poi si afferma che tutto quello che sappiamo in merito è una menzogna, o perché fondata sulla falsità, o perché basata sull'occultamento; di solito, responsabili delle menzogne e dei nascondimenti della verità, sono «i comunisti», da Gramsci fino ai suoi pronipoti, con un particolare accanimento su Togliatti. Che viene presentato, spesso e volentieri, egli stesso come un soggetto storico su cui esercitare l'arte speciosa del rovesciamento, e come ispiratore delle trame storiografiche negatrici della verità, infine rimessa a posto dai Pansa e sodali. Dunque, se quello che si sa è menzogna, si tratta di costruire una «verità alternativa». E più si spara alto, più si allarga il bacino d'utenza. I Borboni erano illuminati, Cavour un pedofilo, Garibaldi un maniaco, i partigiani assassini…
Un filone d’oro
Quest'ultimo filone è il cavallo di battaglia di Pansa, la sua gallina dalle uova d'oro. Senza alcun rispetto per i più elementari principi del lavoro storiografico, egli sta ormai perseguendo da anni un sistematico rovesciamento di giudizio sul '43-45. Naturalmente, ciò non sarebbe possibile senza editori che sollecitano libri di tal genere, libri che rovescino quello che si sa… altrimenti chi lo compra un altro libro sulla Resistenza? Dall'alto delle loro centinaia di migliaia di copie, i rovescisti irridono agli accademici pignoli, magari «invidiosi» del loro successo, i quali (udite, udite!) vorrebbero le note a piè di pagina. Ma le note non sono altro che la possibilità offerta al lettore di verificare quello che scriviamo, se non vogliamo rimanere nel regno della fiction: chi ci legge deve poter fare il nostro stesso percorso, al limite andando a frugare negli stessi archivi dove noi abbiamo lavorato, e controllare se ci siamo inventati i documenti, o li abbiamo alterati… Per i rovescisti questa è inutile noiosaggine professorale. Dobbiamo fidarci del loro intuito, o - come Pansa procede - delle loro ricostruzioni fatte sulla base di racconti altrui, o di «travasamenti» di libri in altri libri. Così Benedetto Croce, che molti decenni or sono denunciava le «pseudostorie». Nulla di nuovo sotto il sole, in un certo senso. Per raccontare la storia non basta scrivere, perdipiù con il ricorso furbesco a un piano di comunicazione che mescola l’invenzione narrativa (se così vogliamo chiamarla) e la pretesa di «raccontare i fatti»: per tal via ogni contestazione di metodo e di merito è impossibile. L'autore ha la risposta pronta. Se lo becchi in castagna ti può sempre rispondere che la sua è «libera ricostruzione», e che non si può pretendere l'esattezza.
Vogliono solo far colpo
Il problema è che la storia, quella vera, mira precisamente alla maggiore esattezza possibile, in quanto scienza, il cui compito è avvicinarsi in uno sforzo continuo alla verità. I rovescisti vogliono fare colpo, vendere libri, far parlare di sé. E ci riescono. Quel che è grave è il risultato del loro «lavoro»: una totale perdita di significato della storia, e la nascita di una specie di senso comune nel quale c'è posto per tutti, trasformando l'arena della ricerca in un infinito talk show, una situazione in cui la ricerca diventa opinione (avete detta la vostra, ora diciamo la nostra), e tutte le opinioni hanno la medesima legittimità. Tutto viene equiparato, e le ragioni degli individui sono confuse con le ragioni delle cause per cui si battono. Norberto Bobbio ammoniva i revisionisti con una domanda rimasta senza risposta: «E se avessero vinto loro?». Se avesse prevalso il nazifascismo, insomma? Davvero la causa dei resistenti può essere equiparata a quella dei «ragazzi di Salò»? Il «sangue dei vinti»?! E quello dei partigiani? E quello degli italiani mandati al macello da Mussolini? Con questa deriva pseudostorica, insomma, tutto si può dire, impunemente. Non concordo con la contestazione dei giovani a Pansa: i rovescisti continuino pure a scrivere quello che certi editori chiedono, ma, per favore, non chiamatela «storia».

La Stampa, 18-10-2006

sabato 17 marzo 2007

Maschi

Sto parlando con una mia amica, una di quelle amiche con cui riesco a fare dei discorsi interessanti. Ecco, un discorso che proprio mi interessa sta nascendo ora. La ascolto attenta, c'è rumore intorno a noi, gente che passa frenetica, il luogo nel quale ci siamo incontrate non ammette troppe parole, le parole scivolano via e hai quasi paura di non riuscire ad afferrarle del tutto. Ma riesco a seguirla, perchè m'interessa. Assumo la mia classica espressione di quando ho tutta l'intenzione di ascoltare, seria, occhi fissi su di lei, una leggera ruga si forma fra le mie sopracciglia. Poi arriva lui, l'uomo del caso. Uno a caso, oserei dire. Uno che mi ha corteggiata e poi "puf", è sparito. Arriva evidentemente intenzionato a salutarmi, perchè qualcuno dei suoi compari gli avrà detto che ero lì dov'ero. Arriva, io mi distraggo piacevolmente, ma sto parlando, sto parlando di cose che m'interessano (merce rara); lui arriva, giro lo sguardo su di lui, mi saluta senza troppo entusiasmo, sembrerebbe. Un bacio sulle guance, due, poi - stavo parlando!- ritorno con lo sguardo alla mia amica, che è anche sua amica, ma spero che si fermi, parlerò anche con lui, sì, m'interessa. Ma lui non aspetta, o meglio vedo con la coda dell'occhio che forse vorrebbe aspettare, ma poi non so come mai, indietreggia di qualche passo. Un altro passo indietro, ha gli occhi grandi, sembra tenero in questo indietreggiare, sembra intimorito. Lo guardo mentre parlo con lei, vorrei incoraggiarlo, ma lui fa un passo avanti, poi finge di guardare delle cose intorno, poi mi guarda di nuovo, poi simula una fretta che non ha e finalmente si decide. Sì, si è deciso. Se ne è andato, è andato via, non ce l'ha fatta ad aspettarmi.
"Puf", sparito.
Più tardi, incontro il suo sguardo di nuovo su di me. Ha gli occhi grandi e teneri, ma non mi parla, non ci riesce, forse non vuole. Non vuole, già, è così. Sento i suoi occhi accompagnare i miei passi, seguirmi e poi, infine, abbandonarmi. Non faccio nulla, non posso, non devo, non mi va. Non mi basta, lascio che le sensazioni mi passino addosso silenziose, e le dimentico.
Peccato, un peccato perdersi senza essersi mai davvero incontrati.
Così vanno le cose, così devono andare

mercoledì 7 marzo 2007

Manifesto/3

Sleep the clock around (Belle and sebastian) dalla Black Session parigina che li ha resi famosi alla peruginità, tramite Suoni e Ultrasuoni

spero di rendere felici la pasqui e la fra (se mai passeranno da sto cacchio de blog...)

"and the puzzle will last till somebody will say - there's a lot to be done while your head is still young"

Laconica

Vabbè che i matti e i manicomi vanno di moda, ma seriamente la canzone di Cristicchi secondo me fa schifo. Noiosissima, monotona e inutile.

martedì 6 marzo 2007

Lanterne Rosse

Nel film "Lanterne Rosse" il segnale delle lanterne indicava la donna scelta per fare sesso, e con la scelta scattavano dei riti preparatori: il bagno, il massaggio, la preparazione per accogliere la persona importante. La mancanza delle lanterne segnava la sfortuna, cui si accompagnava la perdita di attenzioni e di cure di sè. Non ho mica visto il film, ma questo diceva un articolo letto in un inserto della Repubblica di qualche giorno fa, più o meno. L'articolo continuava interrogandosi su quali potessero essere oggi i riti preparatori dell'amore, e i segnali più o meno espliciti che un uomo(o una donna, eh...non siamo mica nella Cina degli anni 20) lancia alla propria prescelta per farle capire di essere tale, e di prepararsi. In più l'autrice, credo una sessuologa, sottolineava la corrispondenza fra cura di sè e desiderio dell'altro. Una volta che ci si è lasciati andare e si passa dei periodi depressivi non si ricerca un partner perchè si ha desiderio di lui in particolare, ma solo per avere una minima conferma della propria capacità seduttiva. Lo si ricerca un po' in chiunque, in fondo. Lo sforzo è minimo, si provoca solo una reazione di tipo sessuale nei confronti dell'umanità di sesso desiderato e poi si sta guardare chi abbocca. Il desiderio è altra cosa, implica una soggettività più intensa, la stessa che si riversa anche sul proprio essere. Si sceglie con chi fare sesso e si fanno accendere le lanterne rosse davanti alla prescelta. E voi, popolo bloggardo, che fate? io me lo sono chiesta... La risposta è forse indicativa. Il mio mentore Morrissey lo diceva in una canzone di ormai 10 e passa anni fa, la prima che mi capitò di ascoltare alla radio (Stereo Rai, credo) in pieno periodo grunge, ma che mi fece scattare un colpo di fulmine nei suoi confronti. "The more you ignore me, the closer I get, you're wasting your time... I will creep into your thoughts like a bad debt that you can't pay, take the easy way and give in...and let me in. It's war". Più ti ignoro, più ti voglio, è così. Quindi il mio concupito potrebbe tranquillamente cantarmi questa canzone. Non è una grande tattica, lo so, ma sono un'impulsiva non certo una stratega. Io di fronte alle emozioni mi blocco, senza parole, muta, stordita. Sarà significativo di una qualche incapacità emotivo-affettiva? bah. l'autoanalisi non dà mai i frutti sperati, meglio non chiederselo. E poi a che pro? Meglio il potere dello sforzo o l'accettazione di sè?Comunque, ogni tanto si può giocare a cambiare la carte in tavola, il bello è proprio quello. Solo che certe emozioni o ci sono, o non ci sono, no? mica uno se le può creare. E quando ci sono, addio giochi. E quando non ci sono, peggio me sento, mi passa il gusto di giocare, anche se egoisticamente parlando sto meglio, decisamente.
Eppure per me, questa volta, le lanterne rosse si sono accese. Sì, più di 5 mesi fa, e la notifica è arrivata due mesi fa. E oggi il portafoglio si è svuotato di 150 euri, ma soprattutto piange la patente: ben 12, e dico do-di-ci, punti in meno. Perchè 5 mesi fa ero ancora ufficialmente neopatentata. Già, le lanterne rosse di via Palermo, maledette. E il tizio della polizia municipale mi ha avvertita, confermando il monito del Meuri: una contravvenzione uguale e scatta la sospensione della patente. Me venite a prende come ai vecchi tempi?
Ok, dopo queste inutili dissertazioni dovrei tornare al solito, a un libro di storia. Ma non c'ho voglia, anche se domani dovrò parlare col prof. Mi appassiona, ma è un lavoro, quindi nn c'ho voglia. E poi è tardi, gli occhi mi si chiudono...

venerdì 2 marzo 2007

Manifesto\2

Ieri giornata intensa: sveglia alle 5e30 per prendere il treno delle 6 e 15 per arrivare a firenze in tempo per non perdere nemmeno un minuto di apertura della Biblioteca della Fondazione Turati. E già per questo la giornata è da annoverare negli annali della mia vita, visto che sono abituata a ben altri orari. Penso che le 5e30 mi abbiano vista sveglia in pochissime altre occasioni, il più delle volte perchè non ero andata a dormire, in effetti(capodanni e falò e altre più piacevoli occasioni - di cui inizio a perdere la memoria, fra l'altro -). Alla Fondazione il tizio della biblio si ricordava di me anche se la mia apparizione precedente risalisse ormai a più di un anno fa; anche perchè, ma chi cavolo frequenta tale fondazione a parte i soliti noti storici del socialismo italiano tipo Degl'Innocenti e Sabbatucci, che fra l'altro fanno parte della direzione? Come l'altra volta, mi ha regalato un libro, questa volta dal titolo "Alessandro Schiavi, il socialista riformista", delle cui copie immagino avesse un armadio pieno, ma lo ringrazio perchè mi è tornato utile per capire che non andrò a Parigi per studiare il periodo dell'esilio, bensì ad Amsterdam - perchè è lì, inspiegabilmente che si trova l'archivio Turati per quel che attiene l'esilio -, e ciò in fondo non mi dispiace. Ovviamente ho usato male la lingua italiana, avrei dovuto usare un condizionale, perchè non è assolutamente scontato nè che mi facciano andare all'estero nell'ambito del dottorato nè che mi approvino questo progetto di ricerca, ma mi rendo conto di avere dei limiti in questo senso e di essere molto pigra.
Altrettanto inspiegabilmente, tornata a Perugia nel tardo pomeriggio non avevo sonno e ho persino accettato l'invito a teatro per vedere Fabio De Luigi ne "Il bar sotto il mare"di Stefano Benni: bulissimo. Ho riso molto e l'ho trovato geniale. Che giudizio articolato, no? Di più non c'ho voglia.
Inizio a essere stanca del blog, lo confesso...
Vi lascio con una canzone-mio manifesto.


(Elogio alla libertà)

Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio di Dio il sorriso.

Ti ho trovata lungo il fiume
che suonavi una foglia di fiore
che cantavi parole leggere, parole d'amore
ho assaggiato le tue labbra di miele rosso rosso
ti ho detto dammi quello che vuoi, io quel che posso.

Rosa gialla rosa di rame
mai ballato così a lungo
lungo il filo della notte sulle pietre del giorno
io suonatore di chitarra io suonatore di mandolino
alla fine siamo caduti sopra il fieno.

Persa per molto persa per poco
presa sul serio presa per gioco
non c'è stato molto da dire o da pensare
la fortuna sorrideva come uno stagno a primavera
spettinata da tutti i venti della sera.

E adesso aspetterò domani per avere nostalgia
signora libertà signorina fantasia (anarchia)
così preziosa come il vino così gratis come la tristezza
con la tua nuvola di dubbi e di bellezza
.

T'ho incrociata alla stazione che inseguivi il tuo profumo
presa in trappola da un tailleur grigio fumo
i giornali in una mano e nell'altra il tuo destino
camminavi fianco a fianco al tuo assassino.

Ma se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio di Dio il sorriso.

martedì 27 febbraio 2007

Giri di parole

"Omar le disse che non sentiva la mancanza dell'angolo. Ormai era pieno di progetti ben più grandiosi. C'erano idee che poteva trasformare in denaro sonante. Lei rimase ad ascoltarlo sentendone già la mancanza. Lo sguardo di lui tendeva a vagare e Karen capì che lui non la vedeva proprio. Le fece una strana impressione sapere che sarebbe scomparsa per sempre dalla vista, dalla mente e dalla memoria, che c'era qualcuno a cui lei avrebbe pensato spesso mentre lui l'avrebbe dimenticata, la stava già dimenticando anche adesso, che gli stava piantata davanti. Ma quello era il peso della sua vita, quelli erano i giri di parole che lei non era mai riuscita a capire."

(Don DeLillo, Mao II)

lunedì 26 febbraio 2007

Più de'n'emozione




Grazie Meuri.
Questi cd sono uno dei più bei regali che mi abbiano mai fatto.
A risentire l'incredibile voce di Eddie Vedder dal vivo mi è tornata la pelle d'oca, esattamente come al concerto a Pistoia. Il più bel concerto della mia vita, credo. Supera quello dei Belle and Sebastian, e di Patti Smith.

ps. l'immagine è di Bologna, non di Pistoia, ma è spettacolare!

Manifesto\1

La Fondazione Turati non mi risponde, e l'università non mi ha ancora versato i soldi, uffa.
Sotto impulso della bellissima donna mancata che risponde al nome di Federico, dò inizio oggi con estrema pigrizia alla nuova rubrica che si ripromette di palesare alle persone che leggono questo blog frammenti significativi dei miei pensieri attraverso estratti di libri, canzoni, poesie, aforismi e quant'altro mi passi per la mente. L'avevo annunciata in uno stato di leggera ebbrezza durante la festa di sabato scorso e, siccome sono timida, quando bevo mi viene tutto più facile e solitamente mi escono le idee migliori. Sarei tentata di accantonarla, ma per questo non lo farò.

Innanzitutto premetto una cosa: io non sono dotata di una grande cultura. Sebbene tutti pensino il contrario, non è assolutamente così. La gente lo pensa forse perchè parlo un italiano più o meno privo di influenze dialettali, perchè pronuncio "casa" con la "s" dolce o per il mio modo di parlare, con espressioni forse troppo italiane, boh. Era così anche agli esami universitari, facevo un figurone per il mio modo di esprimermi, sembrava sempre che sapessi molte più cose di quelle che sapevo in realtà, per questo spesso mi davano le lodi. Questa cosa me la fece notare Tania, la mia compagna di studi: lei era quasi sempre più preparata di me, finiva il programma ed era precisissima, io studiavo forse con più intensità i singoli argomenti, ma non riuscivo mai a finire il programma. Epperò, io prendevo la famosa lode, e lei no. Ho provato spesso forti sensi di colpa, ma tant'è. Tutto questo per dire al mondo di non farsi eccessive aspettative su di me, che mi mettono ansia. Come quando arrivai a Barcellona e tutti gli amici di Giovanni si aspettavano grandi conversazioni con me, dato ciò che il mio amichetto gli aveva raccontato sul mio conto, e a me saliva un'ansia incredibile perchè dovevo confermare la mia fama. A un certo punto mi sa che decisi pure di evitarli per questo. Soprattutto Olivier, che si lamentava di non conoscere gente interessante, pensava che avrebbe trovato in me l'interlocutrice ideale. "Me dijo Giovanni que eres super-culta, verdad? tenemos que quedar..." Si, si...ma che palle, voglio essere bella e stupida, e stare zitta. E sorridere dolcemente di tanto in tanto e non fare nulla. Altro che discorsi sulle potenzialità della lingua spagnola... Tanto poi c'era la veneziana bionda e scema che piaceva a tutti, vero Piero?

Comunque tutto questo per dire che voglio essere libera di essere banale.

La prima puntata prevede una poesia di Costantinos Kavafis che si trovava sul retro del libro ( o dovrei dire "quarta di copertina"?) di poesie del V ginnasio. Era un libro un po' troppo poco formale per essere un testo adottato a un liceo classico, c'erano pochi autori e non seguiva la classica impostazione dei libri di poesia che pretendono di fornire una sinossi completa dei poeti più importanti dell'età contemporanea. Mi sembra che addirittura alcuni poeti basilari fossero stati omessi di proposito. Ma c'era grandissimo spazio per Majakovskij, Neruda, Garcia Lorca, Apollinaire, e io mi ero appassionata molto. Alla fine del libro c'era persino una sezione dedicata alle poesie in musica dei canatautori italiani: Vedi Cara di Guccini, Mi sono innamorato di te di Tenco, Amore che vieni amore che vai di De Andrè.
Ecco, questa poesia di Kavafis mi è ritornata alla mente diverse volte nella mia vita, e l'ho riscritta nelle pagine dei miei diari più di una volta, per dare forza a certi miei pensieri.
Voglio pensare che fosse lì per un motivo preciso, è così seducente l'idea del destino...

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole e in un viavai frenetico

Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano
gioco balordo

degli incontri e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.


ps. certo che i discorsi inutili sono davvero il mio forte, la prossima puntata non la introdurrò, promesso.

venerdì 23 febbraio 2007

La soluzione c'è

Aboliamo il Senato.

Questo bicameralismo perfetto non serve a niente, c'è scritto su tutti i libri di Diritto Costituzionale...

giovedì 22 febbraio 2007

Orgoglio e pregiudizio

Il governo è caduto. Come si addice a una vera signorina in età di matrimonio, darò vita al mio primo post chilometrico sulla politica italiana, che non pretenderà di aggiungere nulla, ma mi darà il piacere egoistico di scrivere qualcosa per sfogarmi.

Dopo aver visto 10 minuti di Porta a Porta ieri sera, con Vespa gongolante accanto ai suoi "gioiellini" Fini-Tremonti-Maroni, ho avuto la sensazione di essere tornata al 2001. Poi ho ragionato e ho pensato che nemmeno il centrodestra avrebbe mai potuto approvare un bel niente al Senato, visti i suoi 136 voti espressi ieri, che nemmeno sommando i voti di astensione dell'Udc e dei senatori a vita arriverebbe a quota 160 (la maggioranza necessaria di ieri). Ho pensato che dovevo stare calma e non guardare più Vespa, non cadere nella sua trappola velenosa.
Ho girato su Mentana. gli ospiti erano tutti del centro-sinistra, Vladimir Luxuria, Salvi, Cento, Capezzone e poi, il direttore del Manifesto, Gabriele Polo. Quello che ho percepito senza troppa attenzione, perchè ero stanca e stavo facendo altro, è stato ancor più deprimente: hanno iniziato a litigare fra di loro, Capezzone ce l'aveva su con la politica di tasse scellerate che andava contro la sua visione liberista dell'economia, Polo ce l'aveva su con la legge Biagi che Capezzone difendeva, Luxuria difendeva Bertinotti sulla faccenda "se-non-fossi-Presidente-della-Camera-manifesterei-a-vicenza", sollevando l'ira funesta di Capezzone che non si capisce bene che ci sta a fare assieme a tutti questi compagni...

Basta. Basta. Come dice Ezio Mauro non si può andare avanti con questa "fiducia vuota", quindi ho apprezzato, in fondo, il comportamento di Napolitano che ha avviato subito le consultazioni. Ora ci vuole davvero un programma "blindato", che possa anche estromettere questi senatori irresponsabili che avevano l'opportunità di contare davvero qualcosa nella loro vita, ma per manie di protagonismo (perchè ditemi a cosa possa mai servire fondare un gruppo chiamato "Officine Comuniste" se non a sentirsi il leader di Qualcosa, qualsiasi cosa) hanno deciso di dare una bella lezione all'orgoglio dalemiano. Ho letto che questo Rossi parla di un complotto, dice che D'Alema era d'accordo con qualcuno per creare un ribaltone, per spostare al centro la maggioranza parlamentare, altrimenti non avrebbe mai affermato con fermezza di far dipendere le sorti del Governo dal voto sulla politica estera. Il quoziente intellettivo di quest'individuo è chiaramente sotto la soglia minima che consente alla scimmia di divenire Homo Sapiens.
1. anche se D'Alema non avesse detto niente, Prodi avrebbe comunque dovuto rassegnare le dimissioni. Stiamo parlando di politica estera, non di gastronomia.
2. se anche per assurdo fosse cosi, sei un coglione al cubo, permetti che davvero il governo estrometta la tua componente politica in favore del Grande Zentro? io non lo so, davvero... ma c'ha colpa chi li candida...

Sempre per parlare di questi "massimalisti", oggi ho comprato due giornali, La Repubblica e Il Manifesto.
Il Manifesto e il suo direttore mi hanno sempre affascinato. Hanno quel qualcosa di romanticamente ingenuo che suscita da sempre la mia ammirazione. Ma solo di fascinazione, credo, si tratti.
Trovo davvero irresponsabile da parte di Polo ignorare nel suo editoriale il peso del voto di astensione dei suoi "compari", dando tutta la colpa del "brutto pasticcio" ai tre senatori a vita, che tengono in ostaggio il governo "per conto di Stati Uniti, Vaticano, Confindustria".
Ma chi gliel'ha dato questo potere, caro Polo, se non quei voltagabbana coerenti con i loro ideali rivoluzionari? Che siano coerenti fino in fondo, la prossima non si candidino in elezioni per far parte delle istituzioni di uno Stato democratico, e vadano in piazza a fare la Rivoluzione. Quello è il loro posto. E basta dire che è colpa della legge elettorale, che al Senato avevamo pure perso...

Historia magistra vitae de niente, tra Turati e Bertinotti non c'è stato di mezzo un muro di Berlino... I Rossi di oggi sono uguali a un personaggio che ho studiato per la mia tesi, il capo della corrente intransigente di allora, Enrico Ferri. Non aveva proposte, ma si opponeva sempre, che si trattasse di suffragio universale o legge sulla tutela del lavoro minorile. C'era sempre qualche cavillo che gli faceva odiare il riformismo.
Alla fine diventò un fascista, insieme al suo caro amico "rivoluzionario romagnolo".

Ora torno a Turati, poraccio.