martedì 13 gennaio 2009

Disinnescati e artificieri


Ascolto con indifferenza la notizia che presto Rifondazione Comunista si sbriciolerà. Penso al comunismo e ai CCCP, e all'A1 che costeggia la via Emilia. Mi attraversa un pensiero forte e lucido, sta tutto in questa foto scattata all'ora di pranzo dell'autunno emiliano, nel libro che sto leggendo e nel cd che gira nel mio lettore. Le nostre madonne anoressiche, il bisogno di ordine, incasellare, contare i numeri, calcolare, i grammi, le calorie, e questo grigio quassù, tutto ordinato, tutto programmato. Fuori dal finestrino uomini in giacca e cravatta, belli, bellissimi, giovani, morti, con la ventiquattro ore, che si danno appuntamento per un importante pranzo di lavoro all'autogrill di Parma, più in là c'è il Ponte di Calatrava, monumento osannato e il grigio e il nulla. Sarà un caso che i CCCP, gli Offlaga Disco Pax e Le luci della Centrale elettrica possano aver visto questi scenari? Il Comunismo come una fuga, un'idea senza fondamento, un grido disperato, un'incapacità di accettare e di costruire, un disagio incanalato così, un'anoressia dell'anima, un vomito di parole, e infine un non pensare, ricacciare il disagio nella produttività, bisogna fare fare fare fare fare. Una solitudine accolta come unica alternativa possibile, e le "tue tanto attese mestruazioni" come emancipazione, e il lavorare anche la sera di Natale "altrimenti perdo il posto, devo mostrare agli altri che sono migliore"; e lavorare di notte, lavorare a qualcosa che non ti appartiene, solo perchè ti danno più soldi, che userai per consumare, per andare all'Ipercoop (la gigantesca scritta Coop- e i CCCP non ci sono più), da Zara a comprare un vestito nuovo per potersi mettere in vetrina e farsi comprare dal miglior uomo sulla terra, e accontentarsi di un complimento, sentirsi felice per vanità, "e tu correvi sopra chilometri di scontrini ma non mi raggiungevi": queste siamo noi donne emancipate, abbiamo l'estetista, le lampade, il centro massaggi, il parrucchiere, i wellness center, l'acquagym e puntiamo a farci acchiappare e ad innamoraci di in'idea, perchè sembra che non possiamo fare a meno di questa idea di amore salvifico. Anche se ora abbiamo facebook, lanciamo i nostri messaggi sempre più scarni - che fai in questo momento?- nella websfera, senza un contatto diretto (l'ho detto a te, propiro a te, perchè non mi rispondi?) ma gli spazi per parlare e non comunicare soltanto, sono sempre più ristretti. Gli spazi per far sentire un sospiro, uno sbuffo, un'incertezza, un'inflessione della voce. Come al telefono fisso, sdraiati sul letto di notte. No, adesso, noi comunichiamo. In maniera rapida, in fretta, non c'è tempo da perdere, ma dove cazzo dobbiamo andare così di corsa boh. Allora chissà se ce l' ho ancora un istinto, sepolto sotto la rete spessa di pensieri e astrazioni che mi sono tessuta intorno. Lo sento riemergere sotto l'effetto dell'alcol, soffocato dall'incapacità di accettarlo. L'alcol. Pensate se non ci fosse? Rimane l'amore, come un bocciolo nel quale tirare fuori se stessi nell'illusione che chi hai davanti finalmente comprenderà, sarà tuo complice, "nella buona e nella cattiva sorte", un porto nella tempesta, e lasciamo che fuori il tempo ululi, noi siamo nella nostra casetta, abbiamo i nostri film, i nostri libri, la nostra musica, e poi magari dei figli, non saremo mai più soli, è la nsotra piccola autarchia, noi ci capiamo, noi ci amiamo, cosa occorre di più? Fuori continuiamo ad adeguarci a ciò che ci propone il mondo, altrimenti questa bella alcova come potremmo mantenerla? Altrimenti tu non mi ameresti più, se non sono nessuno, se non divento qualcuno.
Direi che è ora di smetterla, mi dò una regolata, bisogna essere pratici e produttivi, ho una tesi importante e quelli sono morti da un pezzo, inascoltati, il passato è confortante, sta lì, è freddo, lo si può analizzare, lo si può mitizzare, "era meglio quando si stava peggio". C'è poco da analizzare, occorre fare, costruire e non mitizzare. Ma qui fra il libro e la musica, la sensazione è di bianco e grigio, di suoni metallici e di ordine compulsivo. Di Negazione e di freddo, di lontananza e di superfici lisce, e di "meglio non pensarci, meglio di no per me". Allora questo pensiero lo ricaccio dentro, lo ingoio, lo digerisco, non c'è mai stato, fingo che tutto vada bene e mi convinco che anche grazie a me tutto andrà meglio.
Aprì la bocca per dire che sentirsi speciali è la peggiore delle gabbie che uno possa costruirsi, ma poi non disse niente.
Che sciocca che sono. E' tutta colpa di questo cd e di questo libro, che ancora non ho capito se mi piacciono o se m'infastidiscono.

2 commenti:

A. ha detto...

gran bel pezzo, davvero! coincidenza vuole che, nella mia stanza, Vasco Brondi si insinui tra le lenzuola già fredde. Amplesso uditivo.
e mentre ti parlo contribuisco allo scioglimento dei ghiacciai. Torno.
Agata

patti ha detto...

belle le coincidenze, io le amo. e mi piace non de-construirle nella mia razionalità come faccio quasi con tutto..

grazie del passaggio Agata, sei la benvenuta!